I suoi problemi con la giustizia iniziarono all’indomani degli accertamenti sulle morti tanto ravvicinate quanto dubbie di due giovani messinesi, entrambi legati da un amore smisurato per la musica e da un tragico destino: il deejay ventinovenne Antonio Grillo e il rapper venticinquenne Giovanni Freni. S’ipotizzò che un messinese di 25 anni avesse ceduto loro della sostanza stupefacente e che questa avesse potuto provocare le fatalità. Una pista inizialmente imboccata dai carabinieri, coordinati dalla Procura di Messina, e poi scartata definitivamente. A stroncare i ragazzi, nelle loro abitazioni di Santa Margherita e Itala, “cause naturali”. Così, il venticinquenne doveva rispondere solo di altri due capi d’imputazione. La sua posizione è stata trattata ieri davanti al gup Fabio Pagana. Che ha riqualificato i reati contestati e su richiesta dei difensori, gli avvocati Massimo Rizzo e Giuseppe Irrera, ha concesso la cosiddetta messa alla prova.
In particolare, il 25enne è accusato di avere detenuto illecitamente 2,565 grammi di sostanza stupefacente del tipo marijuana, «che appariva destinata ad un uso non esclusivamente personale», nonché di 9.315 grammi di mannitolo, «comunemente utilizzata per diluire le sostanze stupefacenti».
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