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Messina, il questore Capoluongo: «Prevenzione e dialogo prima di tutto»

Il funzionario Salvatore Gulizia accanto al questore Gennaro Capoluongo

Questore Capoluongo, la sua esperienza a Messina sta per concludersi. Pensa agli otto mesi trascorsi qui o guarda già oltreoceano?
Oggi tengo in maniera particolare a confrontarmi con la stampa, alla quale ho riconosciuto sempre un ruolo fondamentale, per tracciare una sintesi del bilancio delle mie attività. So che mi attende un compito importante alle Nazioni Unite, quello di esperto della sicurezza. Quando mi è stato comunicato dal capo della polizia, sono rimasto un po’ frastornato per tre giorni, in previsione del cambio di vita e delle novità. Ma è un incarico prestigioso del quale sono onorato.
Diciamo che sa cosa lascia.
Certo, lascio Messina, con cui da subito ho instaurato un ottimo rapporto. È una splendida città, con una bellissima costa, si mangia molto bene. E ho cercato di avere con questa città un rapporto di evidente collaborazione. Abbiamo organizzato diverse iniziative che ci potessero avvicinare alla gente, con lo scopo di capirne le aspettative. Per un questore fare politiche di sicurezza non è qualcosa di autoreferenziale. Per questo sono stato in strada, passeggiavo da solo, al fine di comprendere la vita della città.
Quindi, una polizia più presente e visibile sul territorio?
Abbiamo aumentato le pattuglie, creato punti fissi di informazione, fatto venire anche i nostri cavalieri. Ciò dà una sensazione di vicinanza. Ad esempio, mi ha colpito una fotografia, scattata da un agente, di un bambino che si avvicinava a un cavallo, in una sorta di legame sentimentale. Ecco, nei confronti delle forze dell’ordine deve prevalere la fiducia, non il timore.
Questo metodo ha condizionato il modus operandi della Questura durante la sua reggenza?
Il nostro primo obiettivo è stato quello di prevenire, mentre la repressione è l’ultima fase. E la prevenzione è pure partecipare a iniziative sociali. A tal proposito, abbiamo organizzato a Taormina un consesso molto importante sulla sicurezza, sulla sua complementarità, che non è fatta solo dalle pattuglie in divisa su strada, ma anche dalle persone e dalle istituzioni. Prioritario è il dialogo con le varie componenti della società civile, soprattutto con i giovani, con le scuole. Ricordo, in quest’ultimo ambito gli eventi “La polizia va a scuole” e “L’albero dei desideri”, con i ragazzini che ci hanno scritto lettere, alcune molto commoventi. Tutto quello che abbiamo appreso lo abbiamo trasportato nei dispositivi di sicurezza.
Ma spesso ciò non basta, come dimostra l’approdo allo stadio finale, quello repressivo.
Tale fase è svolta insieme con l’Autorità giudiziaria, che ha sempre supportato le attività investigative. Qui e in provincia abbiamo una eccellente categoria di magistrati. C’è stata una grande collaborazione proprio in questa fase, che non amo perché vorrei evitare che si arrivi al reato. Quando si è presentata, abbiamo operato con professionalità, serietà e onestà d’animo. Piena sinergia pure col prefetto, che ha coordinato i vari Comitati provinciali nel quale sono state trovate le soluzioni più consone.

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