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Contagi, i bollettini Covid e l'inutile “ascensore”

Lo si può chiamare “effetto ascensore” del Covid-19. Un saliscendi continuo, che non offre reali punti di riferimento. Al punto che vale la pena chiedersi, a maggior ragione quando sono trascorsi alcuni giorni dalla fine dello stato d'emergenza, che senso abbia fornire un bollettino quotidiano sulla pandemia i cui dati, evidentemente, acquisiscono un senso solo se analizzati in un arco temporale maggiore delle 24 ore (settimanalmente, ad esempio). E questo perché i dati che ogni giorno vengono forniti alla stampa e alla popolazione non sono davvero i numeri delle 24 ore precedenti, ma “raccolti” e “registrati” nelle 24 ore precedenti. La differenza è sostanziale.

Sarebbe come se il mercoledì, ad esempio, raccogliessimo dal nostro campo coltivato gli ortaggi accumulati per tre-quattro giorni: non potremmo certo dire che quelli sono gli ortaggi cresciuti il mercoledì, ma solo “raccolti” il mercoledì. Ecco, coi dati Covid funziona più o meno così. Prendiamo il bollettino del 3 aprile scorso: su un totale di 3.435 nuovi casi, si legge, «la Regione Siciliana rende noto che 1.422 sono relativi a giorni precedenti al 2 aprile, di cui 792 dell'1 aprile». Ma soprattutto, «i decessi comunicati oggi (il 3 aprile, ndc) sono avvenuti: 5 il 2 aprile, 8 l'1 aprile, uno il 20 febbraio, uno il 28 gennaio, uno il 16 gennaio e uno il 14 gennaio». Sì, gennaio. Due mesi fa. Vediamo gli ultimi due bollettini: quello di ieri racconta di ben 43 decessi e di quasi 6 mila nuovi casi. Come può essere ritenuto verosimile che il giorno precedente i decessi fossero 5 e i nuovi casi meno di un terzo? E poi c'è il tasso di positività, che passa facilmente, nel giro di poche ore, dal 10 al 12 per cento, dal 12 al 17, poi di nuovo al 13 e così via.

E Messina? Il 30 marzo i nuovi casi sono 128, il 31 marzo sono 505, il 1. aprile 351, il 2 aprile 477, il 3 aprile 414, il 4 aprile 280. Un saliscendi, appunto. O se vogliamo un ascensore. Che cambia piano a seconda del... raccolto.

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