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Le sei famiglie mafiose di Cosa nostra barcellonese: sempre più vicina a quella palermitana

L’analisi annuale sulle dinamiche criminali della città e della provincia del procuratore capo Maurizio de Lucia. I nuclei storici di Tortorici, Mistretta, Barcellona, Milazzo, Mazzarà e Terme Vigliatore

La pressione delle cinque famiglie mafiose tradizionali che continua a negare lo sviluppo lungo tutta la fascia tirrenica. Gli aggiornamenti fondamentali su Cosa nostra barcellonese. I figli che subentrano ai padri. La droga al primo posto come business. Ecco la terza puntata sulla relazione annuale del procuratore capo di Messina Maurizio de Lucia.

Le operazioni “Gotha”

Una particolare attenzione - scrive il procuratore -, è stata dedicata alle associazioni mafiose della cosiddetta “fascia tirrenica” (da Tortorici a Mistretta, da Barcellona Pozzo di Gotto a Mazzarrà Sant’Andrea, a Santa Lucia del Mela e via dicendo). Le indagini degli ultimi anni hanno rivelato un fenomeno la cui origine era comunque già risalente nel tempo. La mafia che possiamo chiamare “barcellonese” o “tirrenica” ha assunto una strutturazione e metodi operativi del tutto omologhi a quelli di Cosa nostra palermitana, con la quale intrattiene intensi rapporti nella gestione degli affari. Non si tratta di gruppi criminali mutevoli legati a determinati personaggi ovvero a contingenti occasioni di arricchimento illecito, ma invece di una strutturazione che si basa su una scrupolosa ripartizione di competenze territoriali tra famiglie: la famiglia di Tortorici, la famiglia di Mistretta, la famiglia di Barcellona, la famiglia di Milazzo, la famiglia di Mazzarà Sant’Andrea e la famiglia di Terme Vigliatore.

Anche nel linguaggio che gli stessi mafiosi adoperano allorché vengono intercettati vien fuori una terminologia che scolpisce e rende visibile questa forma di strutturazione. Si parla di famiglie, si parla di responsabili rappresentanti delle famiglie; se il rappresentante è detenuto, si parla di reggenti, cioé un linguaggio del tutto omologo a quello di Cosa nostra palermitana. Naturalmente, poi, per la varietà e molteplicità degli interessi economici presenti in questo territorio, questa associazione mafiosa è portata a cercare di acquisire in qualsiasi maniera una sorta di controllo non soltanto dell’economia illegale (traffico di stupefacenti ed estorsioni), ma anche dell’economia legale, attraverso imprenditori che o sono “amici” delle associazioni mafiose, o sono essi stessi dei mafiosi. Questa analisi ha ricevuto una eccezionale conferma da una ormai lunga serie di indagini (trattasi dei procedimenti “Pozzo 2, Gotha, Gotha 2, Gotha 3, Gotha 4, Gotha 5”). Il procedimento “Gotha 6” riguarda una serie di omicidi commessi nell’area barcellonese, sui quali un prezioso contributo è derivato dai più importanti collaboratori di giustizia, fra i quali D’Amico Carmelo, D’Amico Francesco, Siracusa Nunziato, Munafò Franco e, da ultimo, Alesci Alessio. Ulteriore sviluppo investigativo è rappresentato dall’operazione “Gotha 7”, che costituisce la naturale prosecuzione delle precedenti “Gotha 1, 2, 3, 4, 5 e 6”, riguardanti la famiglia mafiosa “barcellonese”, in tutte le sue complesse ed articolate diramazioni ed ha avuto esiti processuali significativamente positivi. Ovviamente nella relazione per questioni temporali, l’analisi si ferma come ogni anno al giugno scorso, non è ricompresa l’ultima inchiesta della Distrettuale antimafia che ha portato ad 86 misure cautelari ed ha stroncato nuovamente la riorganizzazione di Cosa nostra barcellonese.

L’indagine Dinastia

Il procuratore de Lucia cita poi nella sua relazione per Barcellona l’indagine “Dinastia”, che ha documentato la struttura associativa, il modus operandi e gli efferati delitti, nei vari periodi di riorganizzazione interna ed assestamento del sodalizio, conseguenti ai numerosi interventi repressivi subiti. Le nuove indagini da un lato hanno portato all’individuazione di ulteriori affiliati alla famiglia mafiosa barcellonese, ed hanno consentito di fare piena luce su numerose estorsioni in danno di attività commerciali ed imprenditoriali dell’hinterland barcellonese. Dall’altro è emerso come le nuove leve della famiglia, tra cui alcuni dei figli dei principali capi mafia barcellonesi, oramai da lungo tempo detenuti, erano a capo di una struttura criminale che operava con metodo mafioso, nel traffico e nella distribuzione di ingenti quantitativi di cocaina, hashish e marijuana, nell’area tirrenica della provincia di Messina e nelle isole Eolie, anche rifornendo ulteriori gruppi criminali satelliti, attivi nello spaccio ai minori livelli. Le indagini hanno dimostrato come, dopo gli arresti conseguenti alle operazioni Gotha, i più autorevoli rappresentanti della consorteria ancora in libertà, tra cui Aliberti Francesco, Mazzù Lorenzo, Chiofalo Domenico e Micale Aurelio, decisero di mettere le mani sul controllo del traffico delle sostanze stupefacenti, allo scopo di integrare gli introiti dell’attività estorsiva che in quel periodo si era rivelata particolarmente rischiosa e non più remunerativa come in passato. I proventi del traffico di stupefacenti erano destinati anche al sostentamento degli affiliati alla famiglia detenuti e delle loro famiglie. Dopo l’arresto dei fratelli Mazzù, le redini del sodalizio criminale furono assunte da Alesci Alessio, a sua volta raggiunto da un provvedimento cautelare in carcere, che lo ha portato a collaborare con la giustizia.
I figli dei boss A seguito dei vuoti di potere causati da tali arresti - prosegue il magistrato -, sono quindi emersi i figli di alcuni dei capi mafia storici del sodalizio criminale barcellonese, Nunzio Di Salvo, figlio di “Sam” Di Salvo, Vincenzo Gullotti figlio del capo della famiglia mafiosa barcellonese Giuseppe Gullotti e Cristian Barresi, figlio di Eugenio e nipote del defunto boss Barresi Filippo, i quali hanno assunto ruoli di rilievo nell’attività del traffico di stupefacenti condotta per conto della famiglia mafiosa barcellonese e gestita con metodo mafioso per regolare le controversie connesse con le narco transazioni e i rapporti con altri qualificati gruppi criminali calabresi e catanesi fornitori delle ingenti partite di stupefacenti che venivano poi distribuite nell’area tirrenica della provincia di Messina, anche attraverso gruppi minori, autorizzati a spacciare sul territorio a Milazzo, Terme Vigliatore e a Lipari.

La droga a Milazzo

Il procuratore cita poi un’indagine focalizzata su Milazzo, con un’associazione dedita al traffico di droga. Sono state accertate plurime cessioni di sostanze stupefacenti (alcune delle quali commesse nel 2020), prevalentemente del tipo cocaina, da parte degli associati in favore di acquirenti, ai quali la sostanza stupefacente era consegnata presso il proprio domicilio.
3. continua

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