La vita degli abitanti del borgo marinaro di Tonnarella è inscindibilmente legata alla pesca. Dai primi insediamenti di pescatori agli inizi del diciottesimo secolo, al 1773 quando sul litorale si allestì una tonnara in appoggio a quella di Oliveri. La marineria di Tonnarella oggi rimane una delle più grandi della zona tirrenica. Il pescato viene in prevalenza venduto ai mercati ittici di Messina, Milazzo e alla pescherie locali. Una decina di anni fa era anche attivo un mercato ittico in contrada Marulli. L’immobile, di proprietà comunale, è in disuso, il suo recupero e l’affidamento in gestione contribuirebbe al rilancio dell’economia locale. Tuttavia fare il pescatore non rappresenta più un’attività redditizia. Ascoltando le storie dei pescatori di Tonnarella, di Falcone, Oliveri, emerge un settore in forte sofferenza. Dalla scarsità di pesce, dovuta anche al crescente inquinamento che sta interessando il golfo di Patti, alle restrizioni imposte da Bruxelles, all’aumento del costo del carburante, sono diverse le criticità lamentate. «Se vede quella montagna di reti – racconta Carmelo Maggiorino – stamattina non si sono presi neanche i pesci per mangiare. Circa 50 euro. Paghiamo da140 a 200 euro al mese di contributi a persona, e ogni mese ci sono delle spese». Tra quelle più rilevanti vanno annoverate quelle per il carburante. Nonostante godano, per la loro attività, delle agevolazioni per l’acquisto del gasolio, oggi il prezzo è diventato insostenibile. «Siamo arrivati ad un euro e pure oltre. – continua – Se si esce in mare dalla mattina alla sera il carburante si consuma e se non si porta niente a casa si va sotto con le spese, specie durante questo periodo di restrizioni, questo sarebbe il periodo della pesca al novellame, ma non ci possiamo andare». Ed è proprio il tema delle limitazioni imposte alla pesca professionale ad essere particolarmente sentito dalla marineria nostrana. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Messina