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De Luca ai saluti a Messina: "Ho lottato anche contro i parassiti di questa città"

Il lungo addio è iniziato. Un lungo addio... epistolare. Cateno De Luca si appresta a vivere l’ultimo week-end da sindaco. Lunedì sarà il giorno dei commiati, poi i saluti social e, dal giorno dopo, tutti in campagna elettorale. Ma non ci si potrà permettere una “vacatio” e, per questo, la lettera più importante, ieri, il sindaco l’ha inviata al suo grande “nemico”, il presidente della Regione Nello Musumeci, ma anche a Gianfranco Miccichè, presidente dell’Ars, e a Marco Zambuto, assessore alle Autonomie locali per «avviare con celerità le attività di individuazione del commissario che dovrà svolgere le funzioni del sindaco e della Giunta a far data dal 15 febbraio 2022, evitando alla città di Messina ed alla Città metropolitana di trovarsi senza l’immediata e competente guida fino allo svolgimento delle prossime elezioni comunali».

C’è un’indicazione importante, dunque: con l’addio di De Luca, sarà immediato quello di tutti i suoi assessori. Non era scontato. L’ultimo precedente risale all’estate del 2012, quando a dimettersi da sindaco fu Giuseppe Buzzanca: in quel caso dal 31 agosto, giorno dell’addio, al 17 settembre, data di insediamento dell’allora commissario Luigi Croce, a svolgere l’ordinaria amministrazione a Palazzo Zanca fu il la Giunta, con la fascia tricolore addosso al vicesindaco del tempo, Orazio Miloro.

In questo caso, dunque, con un addio simultaneo di tutta la Giunta, chi rappresenterebbe la città in attesa del commissario? De Luca ieri ha scritto anche un’altra lettera, anzi, “la” lettera: quella d’addio, indirizzata a consiglio comunale, segretario generale, direttore generale, dirigenti, polizia municipale, gabinetto, revisori dei conti, dipendenti di Palazzo Zanca e delle partecipate, Cda, direttori vari e consigli circoscrizionali. Insomma, a tutti. Un «breve e sobrio congedo – scrive De Luca – con l’umana commozione che questi momenti suscitano in ogni essere umano che vive di emozioni». De Luca ne è convinto: «Il mio non è un addio, è un arrivederci». Poi si lascia andare: «È doveroso ricordare i contrasti e le guerre che abbiamo subito da quella parte della città che viveva all’ombra di Palazzo Zanca, da parassiti e ladri del destino della nostra comunità».

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