Il presidente Mega le ha definite «le meravigliose suggestioni del prof. Gambino» e ieri, forse, si è compiuto un passo importante per cominciare a tradurre in atti concreti quella che, al momento, sembra ancora solo un’affascinante utopia. Realizzare nella Falce, al posto dei veleni che hanno ammorbato aria, mare, terra e sottosuolo, un Polo internazionale delle Biodiversità marine, con il Grande Acquario dello Stretto immerso nel Parco Blu delle Sirene, sarebbe la migliore risposta di Messina a se stessa, al proprio scetticismo permanente, alla propria indolente rassegnazione e alla collusione e complicità, durate per decenni, con coloro che hanno contribuito a defraudarla del suo bene più prezioso. Messina senza la Falce non è niente, sì, può essere anche altro, ma resterebbe sempre una città priva della sua identità, perché la Falce non è solo il suo simbolo, è il contenitore di tutti miti, di tutte le vicende storiche e di tutti gli scenari futuri. Non averlo capito è il più grave delitto commesso contro questa città e contro la sua gente.
Ieri mattina il presidente dell’Autorità di sistema portuale dello Stretto ha voluto riunire attorno allo stesso tavolo coloro che stanno portando avanti due progetti, apparentemente distinti e separati, che però potrebbero trovare una sintesi concreta, in un unico grande Piano di rivitalizzazione e rigenerazione urbana della Zona falcata.
Sì, le sfide avvincenti sono due (tre, se comprendiamo anche il progetto di recupero della Real Cittadella, per il quale la Regione siciliana ha stanziato 20 milioni di euro). Una delle due sfide è quella illustrata dall’ing. Giovanni Pioggia, responsabile della sede di Messina dell’Irib-Cnr e l’altra è quella del docente di Geografia del nostro Ateneo, il prof. Josè Gambino.
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