Messina

Martedì 30 Aprile 2024

Ospedale Piemonte di Messina, «unica soluzione dopo due anni di nulla»

È un coro unanime, quello della politica messinese. Un coro che condanna scelte scellerate. Duro Antonio De Luca, deputato regionale del M5S: «Dopo due anni di pandemia, dopo tutti i fondi trasferiti dal governo nazionale, dopo tutto il tempo che hanno avuto per programmare e aumentare le dotazioni dei reparti Covid, adesso l’unico ospedale del centro cittadino è costretto a chiudere il pronto soccorso e i pazienti attualmente in carico saranno trasferiti altrove, presumibilmente nelle cliniche private. L’assessore Razza e il suo staff hanno avuto tutto il tempo per intervenire, ma in Sicilia si continua a lavorare senza strategia. Si smetta di dare la colpa ai cittadini, Musumeci, Razza e i loro uomini che gestiscono la sanità chiariscano qual è il piano regionale che vogliono mettere in atto per porre rimedio a questo sfacelo, altrimenti si prendano le loro responsabilità e vadano a casa». Gli fa eco la parlamentare Valentina Zafarana: «Non vorremmo che fosse in atto nuovamente il giochino dell'aumento dei posti in fretta e furia per nascondere artatamente le proprie responsabilità. Quello che è certo è che siamo di fronte all'ennesima rappresentazione plastica del fallimento del Governo Musumeci e, in particolare, del suo delfino». Il segretario cittadino del Pd, Franco De Domenico, evidenzia che i posti Covid in più sono «cento posti non aggiuntivi, ma sottratti alla sanità». In due anni «niente terapie intensive nuove, niente reparti nuovi, l’unica cosa che si riesce a fare dopo mesi di immobilismo, improvvisazione e superficialità, è di tirare fuori dal cilindro 40 posti Covid al Piemonte che comportano la chiusura dell’ospedale: niente interventi ordinari, niente prestazioni in day hospital, niente prestazioni ambulatoriali, niente prevenzione, niente cure». E poi il nodo delle rianimazione: «Con la chiusura del Piemonte, vengono a mancare altri 8 posti di rianimazione no Covid. La città di Messina, infatti, che prima della pandemia aveva 36 posti di rianimazione (20 al Policlinico, 8 al Piemonte e 8 al Papardo), ora si trova con soli 17 posti, la metà di prima (che erano meno di quelli necessari), 9 al Policlinico e 8 al Papardo». Tommaso Calderone, capogruppo di Forza Italia all'Ars, sottolinea un altro aspetto: quello dei malati oncologici: «Ci sarebbero parecchi pazienti oncologici nel Reparto di Urologia costretti a una lunga lista d’attesa per potere effettuare importanti esami, che potrebbero presupporre consequenziali interventi, e altri pazienti oncologici che attendono già da diversi mesi di essere sottoposti a vitali operazioni chirurgiche. Tale inverosimile situazione parrebbe sia vissuta in tutti gli ospedali del territorio convertiti in Centro Covid». Secondo Francesco De Pasquale ed Eleonora Urzì Mondo di Azione la domanda principale è una: «Il Piemonte ha gli strumenti e le risorse per essere un ospedale Covid? Vi sono le specializzazioni necessarie per affrontare i casi in modo pieno e completo?  Infettivologo, nefrologo, pneumologo, tanto per dirne qualcuno, sono figure presenti nella pianta organica del nosocomio? E non serve forse un efficiente servizio di emodialisi, un’emoteca, presente in struttura un chirurgo toracico? Il Piemonte è dotato di tutto questo? Ne è fornito?».

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