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La Dia e la sua storia a Messina

Dalla sua creazione in città nel 1998 la sezione operativa dell’organismo interforze ha realizzato decine di operazioni sottraendo capitali alle organizzazioni mafiose

Era il 1998 quando a Messina arrivarono gli investigatori della Dia, la Direzione investigativa antimafia, con la creazione della sezione peloritana, sollecitata da parecchio tempo. Sette anni dopo la realizzazione a livello nazionale, era il 1991, di un organo investigativo interforze pensato e voluto da Giovanni Falcone, che adesso celebra i suoi trent’anni. Arrivarono in una provincia, quella messinese, dove Cosa nostra sin dagli anni 70 è stata troppo spesso negata, sottovalutata e perfino aiutata dai pezzi marci dello Stato. Con il drammatico risultato che è cresciuta radicandosi un po’ ovunque, tra cadaveri eccellenti, latitanze dorate, guerre di mafia con centinaia di morti ammazzati per strade di sangue e rapporti consolidati con Palermo e Catania. Negando spesso a troppa gente sviluppo, lavoro e una vita normale. Dal 1998 ad oggi le donne e gli uomini della sezione operativa della Dia di Messina hanno portato avanti decine e decine di operazioni, ma soprattutto hanno contributo al sequestro e alla confisca di beni per centinaia di milioni di euro ad esponenti mafiosi, colletti bianchi, fiancheggiatori, funzionari pubblici corrotti, imprenditori “amici”. Ecco solo alcune delle più importanti indagini portate a termine in questi 24 anni.
Senza dubbio la firma sulla prima storica operazione “Gotha” su Cosa nostra barcellonese, cui ne sono seguite tante altre, è uno snodo fondamentale nella vita della sezione di Messina, anche perché furono proprio gli investigatori di punta della Dia impegnati in quell’indagine ad aprire la strada alle collaborazioni con la giustizia “eccellenti”, che fino a quel momento nel Barcellonese erano praticamente sottozero. Dopo mesi di colloqui riservati il boss dei “Mazzarroti” Carmelo Bisognano cominciò a riempire verbali su verbali, facendo scoprire cimiteri di mafia e arsenali, svelando le trame di omicidi ed estorsioni. Da lì poi il passo fu breve, e una lunga scia di boss e affiliati si convinsero a parlare dopo la scelta di Bisognano, che fece da “apripista”.

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