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Quelle notti al Jazz Restaurant con Melo Mafali. Il ricordo

Faceva periodicamente capolino a Messina, "non ne posso fare a meno", confessava a Ettore Amico, visionario proprietario di un eden sulla Statale 114 che aveva messo su a Spadafora il Jazz Restaurant, un luogo dell'anima in cui si accedeva solo su inviti. E dovevi pure stargli simpatico, spigoloso hippy e sampdoriano com'era. Il tam tam partiva il giovedì: "Sabato c'è Melo". E bisognava tenersi liberi, costasse quel che costasse, anche perché Ettore allegava foto di ostriche e gamberoni procacciati a Vaccarella.
Musicista a tutto tondo, compositore di musica classica, contaminato dal funky dei Weather Report e dal basso di Jaco Pastorius, Melo da decenni si era trasferito in Germania, dove aveva esplorato l'esplorabile, tango compreso per via di un amore francese. Ma il jazz restava la sua cifra, l'azimut della performance da accompagnare, mentre stava al piano con sincronizzatore, con batteria e basso. Tre elementi basici, e la sua voce.

Al Jazz Restaurant si stava seduti ai tavoli e non si era più di 20, con Ettore e la moglie che servivano crudi di pesce, linguine all'astice e quel che volevi, se restava spazio. Il "bianco", freddo al punto giusto e appannato, stava nel cestello. Melo partiva non prima delle 22 e, visto il numero esiguo di spettatori cibanti, non si poteva non fare amicizia. A un certo punto ci regalò una versione indimenticabile di "English man in New York" di Sting, che solo a immaginare che qualcuno la possa fare con maestria assimilabile al genio di Wallsend, ti induce a interrogarti se non sia il caso di lasciare la compagnia e chiamare un'ambulanza. E invece era perfetta, vibrante, coinvolgente, musicalmente strepitosa. Melo si divertiva, malgrado quell'alone di tristezza che si era cucito addosso a causa delle fatiche che un musicista si trascina con sé,  ancorché ormai e da tempo di successo, e quel vuoto lasciato da Pippo, fratello amato ma approdato al coro degli angeli troppo presto.

Io di Melo ho questo ricordo: le esibizioni di un genio, in cantina, tributi gratuiti alla musica e al piacere di fare musica in un luogo unico ed eletto, intimistico, surreale.
Ettore non c'è più, Melo se n'è andato, privandoci di una presenza umana e musicale straordinaria. Che la terra ti sia lieve, amico, le tue note e la tua dolcezza vibreranno tra le nuvole e il coro degli angeli. Che Messina gli renda omaggio. Perché non farlo sarebbe un delitto imperdonabile. La cifra del vacuo collettivo, della non riconoscibilità di chi c'era e ha dato.
Buone note e buon viaggio Melo.

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