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Il caso dello stop agli interventi al seno a Messina: "Chi pensa ai diritti di noi pazienti?"

Danielle Saraiva Carvalho con la madre Maria

«Dovrei ricominciare da capo. E no, non lo posso accettare». Lo stop agli interventi chirurgici del tumore al seno, al Policlinico di Messina, è una vicenda complessa, in cui c’è tanta politica sanitaria, ci sono aspetti burocratici labirintici. Ma prima di tutto ci sono loro, le pazienti. Quelle pazienti alle quali, da un giorno all’altro, è stato detto che l’ospedale che le aveva prese in cura pochi mesi prima, che le aveva anche operate, secondo le perentorie disposizioni della Regione e le conseguenziali decisioni dei vertici dell’ospedale stesso, non solo non può farlo più, ma non avrebbe potuto farlo da un anno e mezzo. Peggio ancora: nel ribadire che quello stop doveva essere immediato, il commissario straordinario del Policlinico, Giampiero Bonaccorsi, ha sottolineato che eventuali altri interventi «espongono ad un rischio clinico non sostenibile». Logico chiedersi: perché fino a pochi giorni fa quel rischio clinico non veniva contemplato? Se lo chiedono gli oltre 800 firmatari della petizione online lanciata su Change.org, per chiedere una deroga all’inserimento del Policlinico nella Breast unit siciliana. E se lo chiede Danielle Saraiva Carvalho, brasiliana di origine, messinese d’adozione da ormai quindici anni. Lei non solo è una delle pazienti “in sospeso”, ma è in ansia per la mamma, la signora Maria da Conceição, già operata anni fa in Sudamerica, oggi alle prese col riaffacciarsi del cancro al seno. «Ad agosto – ci racconta – ho scoperto un carcinoma e sono stata seguita dall’equipe del prof. Pippo Navarra. Ho avuto subito una sensazione di sicurezza. Quando ho chiamato al numero verde, mi era stata prospettata una prima visita al Papardo solo ad ottobre, al Policlinico, invece, dopo qualche giorno. Sono andata, il professore mi ha illustrato la mia situazione e mi ha presentato la Case Manager, Luisa Cucinotta. Non mi hanno mai fatto avvertire il peso della malattia, sono sempre stati tutti in contatto con me, costantemente, anche quando la situazione è peggiorata un po’. Mi sono trovata nelle mani di Dio, era lì la sua presenza».

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