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“Ho subito avances sessuali in Seminario”. Causa contro la Curia di Messina che risponde

I retroscena della causa contro la Curia intentata da un 37enne che voleva diventare sacerdote dopo il suo ”licenziamento”: ieri l’udienza. I legali della Diocesi: allontanato per mancanza di vocazione, accuse infondate

È stato “licenziato” dalla Curia dopo 13 anni di seminario, ha visto improvvisamente crollare tutti i suoi sogni d’indossare per sempre la tonaca, e adesso chiede un milione e mezzo di risarcimento, intentando una causa civile contro l’arcivescovo di Messina, monsignor Giovanni Accolla.
C’è tutta questa vicenda tra le carte dell’udienza, e sono ancora soltanto le prime depositate, che ieri mattina s’è tenuta davanti al giudice della prima sezione civile del Tribunale Milena Aucelluzzo. La quale dopo aver fissato una serie di termini per il deposito di atti tra le parti, che decorre dal 20 dicembre, ha rinviato tutti al prossimo 5 maggio.
Ma le acque sono parecchio agitate nel mondo ecclesiale messinese e questa storia rischia di finire dritta dritta in Vaticano, anche perché la tesi del seminarista è molto chiara: il suo allontanamento è dovuto esclusivamente al fatto che non si è piegato alle ripetute avances sessuali ricevute da più sacerdoti.

Ieri mattina il legale che assiste il 37enne seminarista, l’avvocato Massimo Maiorana, ha ufficialmente depositato l’atto di citazione, mentre la Curia ha risposto con la comparsa di costituzione e risposta prodotta dagli avvocati Gianluca Gullotta e Francesco Marcellino. Due documenti importanti, che raccontano una storia dipanatasi per mesi, e che oltre all’evolversi dei fatti puntano su aspetti giuridici ben precisi: se l’avvocato Maiorana riferisce una serie di fatti gravi accaduti al suo assistito e perdipiù documentabili, e parla tra l’altro di evidente “culpa in vigilando” dell’arcivescovo su quanto accadeva in seminario, dall’altro lato gli avvocati Gullotta e Marcellino pongono in via preliminare una questione di incompetenza del giudice italiano ad occuparsi di questi fatti, il cosiddetto “difetto di giurisdizione”, poi replicano alle accuse del seminarista e spiegano anche che da parte dell’arcivescovo è assurdo pensare ad una “culpa in vigilando”.

Il 37enne, scrive il suo legale, «... è stato impegnato nella formazione seminarista presso il Seminario Arcivescovile S. Pio X di Messina dal 15.11.2006 con la partecipazione alle settimane vocazionali e formalmente dal 2014 fino al 9.12.2019 (ben 13 anni)». Da quella data cominciò tutto, prima con la sospensione temporanea “per motivi gravi”, e poi a dicembre dello stesso anno con la defenestrazione finale. Nell’atto depositato dall’avvocato Maiorana si parla di «infondato quanto spropositato provvedimento», posto che il 37enne «non è stato sottoposto ad alcun esame critico, senza che fossero valutate le possibili soluzioni alternative all’espulsione». Poi il legale entra nel vivo della questione: «... ed allora a questo punto occorre affrontare in modo chiaro e privo da qualsiasi pregiudizialità quali sono stati i veri motivi che hanno portato all’allontanamento del seminarista, il quale, in realtà si è rifiutato di piegarsi alle pressioni di carattere sessuale di cui è stato oggetto da parte di altri presbiteri appartenenti alla diocesi e, come effettivamente minacciato dagli stessi, è stato punito per avere tentato di denunciare tali abusi agli organi superiori, che invece di prendere provvedimenti ai danni degli abusatori hanno eliminato in radice il problema allontanando l’oggetto del contendere, il seminarista». Il legale parla poi dei fatti accaduti «... come documentato dai messaggi inviati nelle chat telefoniche, che si versano in atti quale prova inconfutabile dell’avvenuto abuso (limitandoci per buongusto a quelli che si possono mostrare)».

La risposta dei legali della Curia

A queste pesanti accuse ribattono nella loro comparsa gli avvocati Gullotta e Marcellino con una serie di considerazioni. Per esempio: «L’Istituzione formativa di cui il... era allievo ha ritenuto di sospendere il percorso seminariale dello stesso invitandolo a lavorare sulla “verifica delle motivazioni vocazionali, sulla analisi della maturità affettiva, sul discernimento dell’autenticità delle relazioni, sulla carente fiducia verso le istituzioni formative, sull’approfondimento della verità, sull’autoreferenzialità che ha prodotto carente docilità”».
Poi c’è la spiegazione dell’allontanamento definitivo: «Le successive e definitive dimissioni - scrivono gli avvocati Gullotta e Marcellino - poi sono state adottate per le seguenti ragioni: “comportamenti non conformi alla Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis; mancanza di docilità alle indicazioni dell’arcivescovo e dell’équipe formativa; mancanza di fiducia verso le istituzioni formative”».
Secondo i due legali poi «... a rendere ulteriormente infondata e pretestuosa la domanda attorea è anche il fatto che la stessa sia totalmente sguarnita di allegazioni probatorie legate al percorso seminariale e volte a contestare le ragioni poste a fondamento dei provvedimenti adottati dall’Istituzione seminariale. Invece, l’attore pone, a sostegno delle sue ragioni, il discredito delle Istituzioni e di coloro ai quali è affidato il governo della Chiesa locale e, seguendo il filo conduttore che lo aveva condotto prima a non riporre fiducia e rispetto nell’equipe formativa del Seminario, tanto da rendere necessario il continuo e paterno intervento dell’Arcivescovo per espressa richiesta del seminarista, giunge a notificare un atto di citazione in cui anche i gesti di cura e attenzione ricevuti da S.E.R. l’Arcivescovo vengono artatamente strumentalizzati e fatti assurgere a prova di fatti, in verità mai riportati né nei dialoghi né negli scambi epistolari».
Ecco un altro passaggio dell’atto dei due legali: «Ben ci si avvede che la dimensione nella quale si collocano tutte le condotte poste in essere dal ..., fino a giungere a promuovere un’azione risarcitoria nei confronti dell’Arcidiocesi per perdita di chance, non è quella di chi intraprende un percorso volto a “donare la vita al Signore”. Come auspicato da Sua Eccellenza in una missiva certamente dolorosa e sofferta da parte del Vescovo e impropriamente prodotta in giudizio da parte attrice».

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