Tutto restituito, «con conseguente dissequestro e restituzione all’avente dritto delle somme in sequestro». Dopo l’analisi del Tribunale del riesame l’inchiesta “D.r.g.” con 25 indagati sui rimborsi alle cliniche private dell’Asp e le presunte truffe ipotizzate dalla Procura e dalla Guardia di Finanza, registra un passaggio a favore del collegio di difesa. Ieri mattina sono stati depositati infatti i provvedimenti che restituiscono le somme sottoposte a sequestro “per equivalente” a settembre dal gip alle cliniche Villa Salus, Cot e Cristo Re, nei giorni scorsi stessa sorte avevano avuto, ma con un collegio diverso di giudici, i sequestri a carico delle cliniche Carmona e San Camillo. Tornano così nella piena disponibilità delle strutture sanitarie private somme piuttosto consistenti, per diverse centinaia di migliaia di euro: 655mila per la Villa Salus, 364mila per la Cot, 800mila per la Carmona e 400mila per la San Camillo, 300mila per la Cristo Re. Sono invece fissate a novembre le udienze, sempre davanti ai giudici del Riesame per il confronto accusa-difesa sulle misure interdittive di sospensione dalla funzioni decise dal gip a settembre per Emmanuel Miraglia per la Cappellani Giomi S.p.a. e per la Giomi S.p.a., Francesco Domenico Chiera per la Cot e Gustavo Barresi per Villa Salus. Tornando ai sequestri annullati, si tratta ancora di provvedimenti del Riesame “nudi e crudi”, ovvero senza motivazioni tecniche che saranno poi depositate dai giudici, ma allo stato si può per esempio ipotizzare che abbia avuto una certa influenza nelle decisioni adottate dal due collegi, uno presieduto dal giudice Massimiliano Micali e l’altro dal giudice Maria Vermiglio, anche la recentissima decisione adottata dalla Cassazione a sezioni unite che analizza il tema del sequestro e compie un ragionamento molto articolato sui presupposti dell’istituto giuridico, e soprattutto sull’aspetto del “periculum in mora”, ovvero la reale sussistenza del pericolo che le somme possano rimanere senza alcuna forma di tutela giuridica fino alla pronuncia di merito, e per questo motivo vengono “bloccate” da parte della magistratura in attesa del processo. In estrema sintesi la Cassazione ha spiegato che se si chiede il sequestro da parte dell’accusa non dev’essere argomentato solo presuntivamente, ma bisogna spiegare nel dettaglio, è forse questo il “cuore” della sentenza, «... le ragioni della impossibilità di attendere il provvedimento definitorio del giudizio». Cioè «... il provvedimento di sequestro preventivo ex art. 321 comma 2 c.p.p., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 c.p., deve contenere la concisa motivazione anche del periculum in mora, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca prima della definizione del giudizio...». Questo ovviamente è solo un aspetto della vicenda, perché nel corso dei vari confronti con l’accusa durante le varie udienze i difensori sono entrati nel merito ed hanno contestato le consulenze di cui s’è avvalsa la Procura per chiudere il cerchio sulla vicenda dopo mesi d’indagine. Quindi gli avvocati Bonni Candido, Elena Montalbano, Paolina Pirri, Bruno Brunetto e Argide Capria per la Villa Salus e la Cot; Alberto Gullino, Carmelo Peluso e Pietro Granata per la Carmona, Nino Cacia e Guglielmo Abate per la San Camillo; Giovambattista Freni per la Cristo Re. La linea di argomentazione dei difensori è abbastanza analoga nei vari ricorsi depositati rispetto alle conclusioni cui sono arrivati i consulenti della Procura «... al fine di evidenziare l’erroneità del metodo impiegato nel contestato elaborato, in quanto non rispondente alla normativa di riferimento, alle regole di codifica ed alle linee guida e buone pratiche previste nella materia in oggetto, tutte invece puntualmente osservate...», anche su questioni squisitamente tecniche: «... le regole contenute nell’Allegato 1 al D.D.G. 269/2013, richiamato dai Consulenti dell’Ufficio di Procura, non sono esaustive ed onnicomprensive, dovendosi correlare e leggere congiuntamente con la versione italiana 2007 della International Classification of Diseases 9th revision – Clinical Modification (ICD9CM)». L’inchiesta - Secondo le indagini della Finanza alcuni dei responsabili delle principali case di cura di Messina, con la complicità dell’ex capo del Nucleo operativo di controllo dell’Asp 5, la dirigente Mariagiuliana Fazio, andata in pensione durante le indagini, avrebbero truffato il Servizio sanitario nazionale attraverso false attestazioni su diagnosi allo scopo di gonfiare i rimborsi per le strutture accreditare con la Regione. La truffa sarebbe ruotata intorno al D.R.G. (Diagnosis Related Group), un sistema che consente di classificare ogni singolo caso clinico in una determinata casella (il ministero della Sanità ha previsto oltre 500 casistiche), variabile in relazione alla diagnosi, agli interventi subiti, alle cure prescritte ovvero alle caratteristiche personali del singolo paziente ricoverato in una struttura accreditata e sulla base del quale ogni singola Regione prevede la tariffa da rimborsare alla casa di cura privata convenzionata. Solo che, in questo caso il D.R.G. secondo l’accusa sarebbe stato difforme rispetto alle reali attività, realizzando così una truffa ai danni del Servizio sanitario.