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Messina, alla piccola Crystal e al fratellino serve aiuto

Nel 2017 la sua nascita diventò un caso lieto perché era il primo parto in acqua all’ospedale Papardo

Samantha Calarese con uno dei suoi bambini

Era il 7 febbraio del 2017 quando tutti i giornali parlavano dell’allora neomamma Samantha Calarese protagonista del primo parto in acqua al Papardo di Messina. Una gioia la nascita della primogenita Crystal, uno scricciolo, di 2 chili e 850 grammi, a cui tutta la città fece gli auguri: «Ricordo ancora come se fosse ieri questi articoli – ha raccontato la giovane mamma –, ma dopo scoprimmo che la piccola era affetta da una malattia rara. Che nel corso del tempo bisogna tenere sotto controllo per vedere quali disturbi si palesano».

A guardare i referti la malattia sembra un rebus perché si legge che la bimba ha una microdelezione di circa 78 kb nella regione cromosomica 2p16.3 e non si sa se crescendo la trasmetterà a sua volta alla sua prole. Ma non è l’unico neo della vicenda. Perché proprio 16 mesi fa è nato il fratellino di Crystal, e la gioia si è tramutata subito in sofferenza ai primi segnali che hanno destato preoccupazione. Infatti anche lui presenta la medesima microdelezione che a quanto pare si trasmette per via ereditaria: «Giuseppe è venuto alla luce dopo una gravidanza assai difficile perché soffrivo di pressione alta, al settimo mese mi accorgo di avere il diabete. Vengo ricoverata dopo qualche giorno. Volevano optare per un cesareo immediato ma mi è stato fatto dopo qualche giorno. Mio figlio è nato alla 37° settimana».

I primi giorni tanti controlli per verificare lo stato di salute del piccolo e al quinto giorno le dimissioni. «Dopo – continua – mi sono mobilitata per fare esami e verificare come stava mio figlio. E una telefonata del Papardo mi avvisò che avrei dovuto portare subito Giuseppe al Policlinico perché gli era stato diagnosticato un ipotiroidismo congenito. E da lì iniziò tutto. O meglio era solo l'inizio. Il piccolo la notte se ne andava in apnea. A tre mesi faceva delle smorfie strane e da lì sono approdata alla neuropsichiatria infantile. A febbraio del 2020 viene ricoverato e mi dicono che mio figlio ha una paralisi cerebrale, un ritardo dello sviluppo neuro-psicomotorio e un problema all'occhio, perché uno è più piccolo dell' altro».

Da lì la fisioterapia per portare il bimbo a fare piccoli movimenti, piccoli passetti. Sempre con i tutori. Alla fine dunque i genitori hanno scoperto che entrambi i figli non sono sani. O meglio, come precisa Samantha, capiscono il problema congenito che lega i due ma non la paralisi che ha Giuseppe. Oltre il dramma familiare una serie di problematiche economiche: «Tutto sommato riuscivamo a vivacchiare – prosegue –, ma mio marito ha perso il lavoro dopo 17 anni. Per un periodo abbiamo usufruito della disoccupazione. E adesso possiamo contare solo sul reddito di cittadinanza e le piccole somme che mi spettano per l'invalidità del mio secondogenito».

Samantha, però, ad un certo punto ammette che presa dalla disperazione, un giorno, prima che tutti i problemi dei suoi figli si palesassero in tutta la sua drammaticità, entrò abusivamente in una casa : «Lo definisco oggi un gesto dettato dalla disperazione. Ma allora il mio malessere interiore non è stato compreso. Fui buttata fuori. Io volevo ottenere un aiuto per i miei figli e in quel momento volevo solo parlare con il sindaco De Luca. Occasione che purtroppo non si palesò mai».
La famiglia oggi vive in una casa modesta composta da cucina, camera da letto, corridoio e bagno.

Crystal dorme nel lettone con i suoi genitori, e Giuseppe nella sua culla: «Io ho chiesto aiuto alla Gazzetta perché non voglio combattere da sola. Penso al domani. Penso che nessuno in queste condizioni mi affitterebbe una casa. E soprattutto vorrei pensare in maniera più serena alle cure da dare a Giuseppe, perché so che il cammino è solo all'inizio». Mamma Samantha, insomma, chiede aiuto al Comune di Messina, che proprio in questi anni sta mostrando di avere a cuore le situazioni di disagio dei nostri concittadini: «Ringrazio di cuore – conclude – la società Servizi riabilitativi di Contesse e tutto il personale che sta seguendo mio figlio e anche il Policlinico. Questo mi consola. Proprio come cercare genitori che stanno vivendo lo stesso dramma per capire se posso fare ancora qualcosa in più per migliorare l'esistenza del piccolo e di sua sorella».

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