La data è segnata con doppio cerchietto rosso su gran parte dei calendari d’Italia: 15 ottobre. Da quel giorno, per poter accedere ai luoghi di lavoro sarà necessario esibire il green pass. Quindi due sole alternative: vaccino o tampone effettuato nelle 72 ore precedenti. Un’estensione dell’obbligo che ha già provocato (e continuerà a provocare) polemiche e divergenze, ma che potrebbe generare anche effetti pratici a cascata in alcuni servizi specifici. Il problema si pone, ad esempio, nel settore del trasporto pubblico. Su terra e in mare. Attività nelle quali l'organizzazione «appare complessa e di non facile applicazione», evidenziano Filt Cgil e UilTrasporti con i segretari Carmelo Garufi e Michele Barresi. Questi ultimi si soffermano sul caso Atm: nell'azienda trasporti «oltre la metà del personale è legato a turni di servizio articolati in orari durante tutte le 24 ore e con presa in servizio dei dipendenti in svariate località, diverse dalla sede centrale». Ma ad oggi, sottolineano i sindacati, «l’azienda non ha fornito dettagli sulle modalità con cui intenderà procedere all’attività di controllo , che tuttavia ci appare complessa e di difficile attuazione se espletata prima dell’inizio dell’attività lavorativa del dipendente, mentre se effettuata a campione e quindi durante il servizio potrebbe causare anche l’interruzione improvvisa dello stesso con disservizi per l’utenza». La conseguenza potrebbe essere, giornalmente, «una non prevedibile e consistente riduzione del personale, non immediatamente sostituibile, che potrebbe mettere a rischio anche la regolarità del servizio pubblico di trasporto». Senza contare il tema dei «costi economici a cui i lavoratori, non vaccinati, andrebbero incontro per ottemperare all’obbligo del green pass sul luogo di lavoro».
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