Tre specializzazioni diverse e un destino comune, oltre allo stesso ospedale di appartenenza, il “Papardo”. L’endocrinologo Carmelo De Francesco, il cardiologo Santi Sorrenti e l’urologo Francesco Mastroeni si trovano impantanati nelle sabbie mobili di un’inchiesta eseguita dalla Guardia di finanza e coordinata dalla Procura su presunti illeciti legati alle rispettive attività professionali. Condotte sfociate nel sequestro preventivo di 65mila euro, importo considerato una sorta di ristoro a fronte del maltolto. “Congelati” 31.332 euro nella disponibilità di De Francesco, 1.580 euro a Sorrenti e il resto a Mastroeni. A proposito di quest’ultimo, il suo difensore, l’avvocato Bonni Candido, sottolinea che il provvedimento «a carico del mio cliente, concesso in misura notevolmente inferiore rispetto a quanto richiesto dal pubblico ministero, non attiene assolutamente a nuove indagini. L’inchiesta è quella in relazione alla quale qualche giorno fa è stata applicata una misura interdittiva ma le condotte per cui è stato disposto il sequestro sono ora sussunte sotto ipotesi di reato meno gravi rispetto a quelle prima contestate. Avverso detta misura abbiamo già proposto appello e riteniamo che il Tribunale del riesame valuterà positivamente le nostre argomentazioni difensive. Anche contro questo sequestro, lunedì depositerò istanza di riesame e a nostro parere non avrebbe dovuto essere concesso per mancanza delle condizioni di legge. Sono convinto che questa inchiesta avrà presto sviluppi positivi per il mio assistito».
In sostanza, al direttore del Reparto di Urologia del nosocomio della zona nord con il primo atto, qualche giorno fa, il pm aveva chiesto la misura in relazione a due ipotesi di reato tutte ricondotte a peculato e il gip aveva accolto la richiesta solo in merito all’appropriazione delle somme versate dai pazienti direttamente al medico, ma ha rigettato nel resto, ritenendo che si trattasse di truffa e non di peculato. L’accusa aveva poi qualificato quei fatti (afferenti l’indennità percepita per l’esclusiva e la percentuale delle parcelle relative a visite regolari) come truffa e non come peculato e chiesto di mettere sotto chiave 80.000 euro. Con l’ultimo atto, il gip ha accordato il sequestro (per 35.000 euro) solo in misura pari all’indennità di esclusiva corrisposta dall’ospedale Papardo per due anni. E – come rileva l’avv. Candido – «ha rigettato la richiesta relativa al sequestro per importo pari alla quota parte di visite regolarmente effettuate proprio perché si tratta di pazienti regolarmente registrati, che hanno versato quanto dovuto per le rispettive visite direttamente al “Papardo”».
Dal canto suo, De Francesco, difeso dagli avvocati Alessandro Billè e Maria Stella Bossa, deve rispondere del reato di peculato, in quanto, nonostante il rapporto di esclusività con l’azienda, «effettuava visite specialistiche presso lo studio sito in via Santa Cecilia, richiedeva e riceveva pagamento in contanti, ometteva di rilasciare ricevuta e di versare all’azienda la percentuale dovuta, condotte realizzate in violazione della normativa in materia di attività libero professionale intramuraria grazie alle quali si appropriava, senza averne titolo, del denaro contante ricevuto che i singoli pazienti pagavano per l’espletamento della visita, nonché delle somme ricevute per le visite effettuate in Alpi». Fatti «commessi» a Messina nel 2018 e 2019. Stando a un secondo capo d’imputazione, sempre per peculato, si sarebbe macchiato delle stesse azioni «in violazione delle normativa in materia di attività libero professionale intramuraria», «grazie alle quali si appropriava, senza averne titolo, dell’indennità liquidata per il rapporto di esclusività». Siamo sempre nel 2018-2019. A suo carico pure un’accusa di falso ideologico, in quanto avrebbe consegnato a tre pazienti «fatture per un ammontare di 82 euro, nelle quali l’azienda ospedaliera Papardo attestava che le visite specialistiche erano state effettuate in attività libero professionale muraria. Circostanza falsa, in quanto illegittimamente effettuate nel suo studio privato di via Santa Cecilia». Arco temporale: tra l’agosto 2017 e il luglio 2019. Due episodi di peculato, molto simili nel modus operandi, sono contestati all’ex consigliere comunale Sorrenti, che però riceveva nella sua abitazione-studio privato di via Brasile. A renderne conto sarebbero state «fonti di prova», si legge nell’ordinanza firmata dal giudice Fabio Pagana costituite da intercettazioni e sommarie informazioni testimoniali rese dagli utenti identificati grazie la stessa attività captativa. De Francesco chiedeva dai 50 agli 80 euro «senza ricevuta», mentre la sua segretaria ha spiegato che «per chi pagava in contanti e voleva la ricevuta, provvedevo a chiamare il Cup, per avere una visita prenotata, al fine di poter emettere al Papardo la ricevuta che riportava una data successiva alla visita effettuata». Per una prima visita «prendevo 102 euro e controlli 82 euro, coma da tariffa del Papardo e li davo nelle mani del dottore De Francesco».
Stesso copione, stando alle carte, per Sorrenti, che «o riceveva presso la sua abitazione o presso il Papardo ma, in quest’ultimo caso, senza alcuna “registrazione” formale delle visite», in cambio «di 100 euro in contanti», senza ricevuta. «A riscontro della impostazione accusatoria, gli operanti procedevano ad effettuare perquisizioni e sequestri negli studi dei due medici e gli esiti costituivano una sicura conferma alla sistematica attività di visite in studio privato».
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