All'esecuzione delle misure di custodia si accompagna sempre più spesso l'aggressione dei patrimoni costruiti illecitamente. Un effetto “a tenaglia” che nella lotta al crimine si rivela molto efficace. Adesso, a farne le spese è il boss Salvatore Sparacio, ritenuto a capo di un'associazione mafiosa autonoma, radicata a Fondo Pugliatti, finita sotto i riflettori nell'ambito dell'operazione “Provinciale” e che qualche settimana fa ha avuto il “sigillo” della Corte di Cassazione, dopo le analoghe conclusioni a cui era giunto il Tribunale del riesame. Nell'appendice dell'inchiesta adesso si trova invischiata anche la figlia, Stefania Sparacio, accusata dalla Dda peloritana e dalla Guardia di finanza di fungere da prestanome e per questo da martedì scorso agli arresti domiciliari.
L'ordinanza del Gip
«Comparando le entrate e le uscite dell'intero nucleo familiare dell'indagato (Salvatore Sparacio, ndc) - si legge nell'ordinanza firmata dal gip Maria Militello -, emerge che negli anni 2000, 2008, 2009, 2010, 2011, 2012, 2013, 2014, 2018, 2019 le uscite sono state maggiori delle entrate e, in ogni caso, tali maggiori spese non potevano certamente essere fronteggiate con i risparmi degli altri anni in cui le entrate non erano neppure idonee a fronteggiare la spesa media del nucleo familiare di riferimento». Nello specifico, «i familiari di Sparacio che hanno fatto acquisti hanno inevitabilmente attinto a denaro non tracciabile, proveniente dall'attività illecita svolta da Sparacio». Passando ai singoli beni di cui l'Ufficio inquirente retto dal procuratore Maurizio De Lucia ha chiesto il sequestro, «il Bar del corso ha iniziato l'attività il 12 novembre 2018 e risulta essere stato acquistato da Stefania Sparacio il 19 giugno 2018 al prezzo di 30.000 euro». Che l'esercizio «fosse di Salvatore Sparacio era ben noto alle persone che gravitano nell'ambiente malavitoso», scrive il gip. «Significativa» è la sua «presenza» nell'esercizio «prima del suo arresto, dove lo stesso intratteneva rapporti», tra gli altri, «con Antonio Scavuzzo», ritenuto membro del suo sodalizio insieme a Mario Alibrandi. L'Antica locanda del corso è invece una sede secondaria del Bar del corso e risulta acquistata dall'indagata il 22 ottobre 2020, «unitamente al Ritrovo dello Stretto», che l'accusa ha inserito tra i beni a cui mettere i sigilli, ma di diverso avviso è stato poi il gip Militello. «La Locanda appare un luogo di ritrovo di soggetti che hanno interessi illeciti con Sparacio». A riprova del fatto che quest'ultimo «è il reale titolare delle attività commerciali», le Fiamme gialle hanno riscontrato che «è delegato a operare sul conto corrente intestato al Bar del corso», in quanto, il 20 agosto 2020, alle 10.35, è stato controllato dal personale della polizia di Stato presso la Banca Intesa San Paolo nel viale San Martino - dove è acceso il conto del bar - e nella medesima data risultano effettuati i pagamenti con il modello F24 dal conto corrente del Bar del corso per un importo di 962,64 euro».
La "Locanda del Corso"
Quanto alla Locanda del corso, il proprietario «riferiva che per l'affitto del locale è stato contattato da Salvatore Sparacio, con il quale ha avuto un colloquio presso il bar, e hanno concordato il prezzo sebbene il contratto sia stato stipulato con la figlia Stefania. Il proprietario dell'immobile ha avuto contatti solo con Salvatore Sparacio anche quando, per motivi legati al Covid, sono stati posticipati i pagamenti». Emblematica, poi, una conversazione captata dalle Fiamme gialle, con l'indagato che dice ad Alibrandi: «Gli dobbiamo dare una stretta alle spese, Mario... sono due giorni che facciamo spese in continuazione e non va... diamo una ridimensionata, il caffè si deve prendere quello giusto, la panna quella giusta, in modo che... belli puliti perché senno...». E in un'altra occasione, si innervosisce perché al telefono ha risposto il banconista. Ancora, il 23 giungo 2018 telefona a un tale Antonio per ordinare la frutta, un mese più tardi riceve una telefonata relativa all'ordine di magliette con il logo di tre attività commerciali, tra cui il Bar del corso. Il 12 luglio riferisce a un tizio: «Senti una cosa, da ora in poi non te lo dirò mai più, qualsiasi lamentela devi parlare prima con me, perché la prossima volta vi faccio scappare a tutti quanti pari pari». La grande disponibilità di denaro di Sparacio, secondo l'accusa, è dimostrata dal dispiacere per non avere acquistato una vettura più costosa rispetto alla Bmw X3 di cui è proprietaria la figlia. A Scavuzzo, infatti, sottolinea: «A quest'ora aveva un bestione l'X4 nuovo nuovo... tetto panoramico, tutto interno in pelle, tutte cose», da comprare con denaro contante non con assegni, «evidentemente per non lasciare traccia», si legge nell'ordinanza.
la posizione della figlia Stefania
Quanto alla posizione di Stefania Sparacio, il gip ravvisa che col padre «ha un rapporto privilegiato e si è ripetutamente prodigata ad essere intestataria formale dei beni assecondandone le richieste. E certamente lo stato detentivo del padre non scongiura il ripetersi di tale condotte, semmai ulteriori indagini per reati che prevedono l'ablazione patrimoniale delle sue risorse economiche rendono ancora più attuale il pericolo di reiterazione delittuosa». A conti fatti, il gip ha disposto il sequestro di un patrimonio del valore di 1.100.000 euro (composto oltre ai due locali, dal 25% della società di consulenza pubblicitaria Selene group, da due fabbricati a Fondo Pugliatti, da una Bmw X3 e da 15mila euro in contanti». Gli indagati sono difesi dagli avvocati Salvatore Silvestro e Antonello Scordo, che affiancheranno la donna nel corso dell'interrogatorio di garanzia fissato per lunedì prossimo.