Un giro vorticoso di fatturazioni ritenute false, per un importo tra entrate e uscite di 21 milioni, prodotto attraverso un sofisticato sistema di frode che avrebbe fruttato l’indebita percezione di fondi pubblici per oltre un milione di euro. È l’impianto accusatorio dell’inchiesta “Illusione”, condotta dalla Guardia di Finanza e coordinata dalla Procura della Repubblica di Patti, con il procuratore Angelo Cavallo ed il sostituto Alessandro Lia, che ha portato tre persone agli arresti domiciliari ed all’interdizione dall’esercizio di attività di impresa, in qualsiasi forma per la durata di un anno, per altri otto soggetti.
Ai domiciliari
Ai domiciliari, indagati per associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni dello Stato, all’emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e frode fiscale, sono finiti Giuseppe Stancampiano Pizzo, 50enne, nativo del Regno Unito ma residente a Patti, attualmente detenuto nel carcere di Aosta per scontare la pena di sette anni per bancarotta fraudolenta e ricettazione; Cristian Lembo, 41anni, residente a Patti; e Giovanni Ross Iannello, 30enne domiciliato a Gioiosa Marea. Gli ultimi due sono ritenuti membri del direttorio del gruppo, seppur in posizione subordinata rispetto al primo, considerato “dominus” del sodalizio.
Interdizione
Attorno a loro, gli altri otto, tra cui diversi giovani, nominalmente al vertice di un reticolo formato in tutto da dieci società. L’interdizione è scattata per Antonino Procopio, 35anni di Montagnareale; Antonio Cannavò, 57anni di Patti; Marco e Simone Mondello, rispettivamente 30 e 27anni di Piraino; Giuseppina Triolo, 43enne di Patti; Piersilvio Iannello, 26enne di Gioiosa Marea; Doriana Biundo, 27 anni, residente a Gioiosa; e Mirko Ceraolo, 27anni domiciliato a Patti. È dalle verifiche sull’attività che, almeno sulla carta, avrebbe dovuto essere operativa ad Agira, per la produzione di prodotti di pastificio biologico di alta qualità – in realtà rivelatasi solo un capannone mai entrato in funzione e in semi abbandono –, che le Fiamme Gialle della Tenenza di Patti sono risalite ai flussi di denaro provenienti da quattro progetti d’investimento, assistiti dal Fondo centrale di Garanzia della Banca del Mezzogiorno Mediocredito Centrale spa. Incroci di dati e numeri che, partendo dalla documentazione della “Itar srl”, il cui legale rappresentate era Lembo, ma amministratore di fatto era Stancampiano, hanno portato alla scoperta delle altre sigle societarie, costituite dal 2016 in avanti, interconnesse per via dei rapporti parentali ed amicali esistenti il cui comune denominatore, secondo gli inquirenti, erano proprio i rapporti economici ritenuti fittizi. Società attive dal commercio all’ingrosso di prodotti alimentari, dall’attività di stampa al commercio di macchine e attrezzature, dalla costruzione di edifici sino a catering e ristorazione, utili per la produzione e l’utilizzo indiscriminato di false fatture, necessarie a documentare il sostenimento delle spese relative ai progetti d’investimento. Svelata quindi l’assenza di qualsiasi profilo imprenditoriale da parte degli amministratori, alcuni anche gravati da precedenti. In alcuni casi non esistevano nemmeno sedi, dipendenti e neppure i conti correnti aziendali di quelle società, pur a fronte di fatturati significativi. Mai onorati, successivamente all’erogazione, gli impegni assunti con il contratto di finanziamento, con opere edili mai realizzate, falsi preventivi di spesa, moderni e sofisticati macchinari mai acquistati. Le ispezioni fiscali hanno quindi permesso alla guardia di finanza di segnalare all’Agenzia delle Entrate di Messina e alla Procura importanti valori frutto di evasione fiscale, per oltre 4 milioni tra Iva e Irap, contestando anche vari illeciti di natura tributaria, dall’occultamento e distruzione di scritture contabili all’omessa presentazione delle dichiarazioni dei redditi.