Un quadro generale che rimane sempre molto pervaso da condizionamenti mafiosi sia a Messina che nella sua provincia. Le forti influenze di Cosa nostra palermitana e catanese che continuano in tutta l'area. I forti interessi economici e gli “scambi” legati sopratutto al mondo della droga con la 'ndrangheta calabrese. L'aumentata capacità di evitare sempre più azioni cruente per inserirsi nei circuiti imprenditoriali e dei finanziamenti pubblici in maniera silente, e il caso simbolo sono le grandi truffe in agricoltura. I grandi traffici di droga che sono destinati ad aumentare di volume. Il settore del gioco d'azzardo in grande espansione. Tutto questo in un clima generale di «vicendevole convenienza» tra i vari gruppi che governano il territorio. È un aggiornamento molto interessante della presenza mafiosa nel Messinese quello contenuto nella seconda relazione semestrale nazionale della Dia per il 2020. Che fotografa una situazione per certi versi “stabile” ma con qualche aggiornamento di rilievo, per esempio l'influenza del gruppo mafioso brontese. In un territorio che è definito un vero e proprio «crocevia di matrici criminali» con una «realtà eterogenea».
Le matrici criminali
Il territorio provinciale - scrive la Dia -, costituisce il crocevia di varie matrici criminali. L'influenza di cosa nostra palermitana e catanese con le loro peculiari caratteristiche hanno infatti contribuito a creare una realtà eterogenea. Questo crogiuolo di interazioni ha determinato come i gruppi mafiosi “barcellonesi” e quelli dell'area “nebroidea” assumessero strutturazioni e metodi operativi assimilabili a quelli di cosa nostra palermitana. Le ingerenze delle consorterie catanesi appaiono invece significative nelle aree di confine tra le province e nel capoluogo. Ancora - prosegue la Dia - sono stati riscontrati rapporti con le vicine cosche calabresi soprattutto per l'approvvigionamento di stupefacenti. Le interazioni tra sodalizi appaiono come in passato orientate a rapporti di vicendevole convenienza evitando scontri cruenti. Risulta acclarata inoltre la capacità di alcune organizzazioni messinesi di inserirsi nelle dinamiche criminali dei territori delle province confinanti, ove hanno saputo inserirsi nell'acquisizione illecita di finanziamenti pubblici destinati al settore agro-pastorale. Quanto precede costituisce - unitamente a forme di gestione illecita del gioco d'azzardo - indice dell'evoluzione di alcune consorterie locali sempre più capaci di affiancare alle forme di estrazione violenta delle risorse dal territorio metodi più imprenditoriali di finanziamento. Nel semestre la ripartizione delle aree di influenza dei gruppi messinesi risulta sostanzialmente invariata.
La “galassia” barcellonese
Nella parte settentrionale della provincia - scrive la Dia -, opera la “famiglia barcellonese” che include i gruppi dei “Barcellonesi”, dei “Mazzarroti”, di “Milazzo” e di “Terme Vigliatore”. Nel territorio dei Monti Nebrodi risultano attivi i sodalizi dei “tortoriciani”, dei “batanesi” e dei “brontesi”, nei confronti dei quali recenti investigazioni hanno evidenziato l'accaparramento dei terreni agrari e pascolivi per beneficiare dei fondi comunitari destinati allo sviluppo delle zone rurali.
Le truffe in agricoltura
Assunto confermato dagli esiti dell'operazione “Nebrodi” del gennaio 2020 che annovera tra gli indagati anche un componente dell'amministrazione locale di Tortorici (è l'ex sindaco, n.d.r.). A quest'ultima è stato contestato il reato di concorso esterno in associazione mafiosa perché avrebbe agevolato l'attività di altri affiliati. La pericolosità di tali sodalizi è stata evidenziata anche dal procuratore distrettuale di Messina, Maurizio de Lucia e dall'allora questore di Messina, Vito Calvino.
I “brontesi” a Capo d'Orlando
La Dia sottolinea poi che a Capo d'Orlando, che ricade sotto l'influenza del gruppo dei “brontesi”, è stata disarticolata un'organizzazione criminale dedita allo spaccio di sostanze stupefacenti e allo sfruttamento della prostituzione. In particolare, l'operazione “Taxi driver” del luglio 2020 ha disvelato come l'organizzazione avesse creato un sistema di “reclutamento” di giovani extracomunitarie.
La “famiglia” di Mistretta
Nella “zona nebroidea” - spiega la Dia -, risulta presente anche la famiglia di Mistretta con influenza sui territori di Mistretta, Reitano, Santo Stefano di Camastra, Tusa, Capizzi e Caronia. Tale consorteria appare legata al mandamento palermitano di San Mauro Castelverde nel cui ambito rivestono ruoli di rilievo soggetti di origine messinese.
La zona jonica e i clan catanesi
La “fascia jonica” che va dalla periferia sud della città di Messina fino al confine con la provincia di Catania costituirebbe area di influenza delle organizzazioni mafiose catanesi. Recenti indagini hanno evidenziato il superamento delle rigide forme di spartizione del territorio e delle attività criminali a favore di accordi tra sodalizi funzionali a una più pervicace sottrazione di risorse dal tessuto economico dell'area.
I casi Mistretta e Tortorici
C'è poi - evidenzia la Dia -, la volontà costante dei gruppi mafiosi di infiltrare o condizionare l'attività politico-amministrativa degli Enti territoriali del messinese. In tale contesto, si rammenta che dall'indagine “Concussio” è scaturito, nel marzo 2019, lo scioglimento degli organi elettivi del Comune di Mistretta. Nel semestre in riferimento è inoltre stato decretato lo scioglimento del Comune di Tortorici per le ingerenze mafiose nell'ambito della citata operazione “Nebrodi”.
I funzionari corrotti e i rifiuti
Un altro fenomeno definito endemico è quello degli episodi corruttivi posti in essere da imprenditori spregiudicati e pubblici funzionari che perseguono il facile arricchimento. Si sono anche manifestati interessi verosimilmente estranei alle consorterie mafiose e legati al traffico e allo smaltimento illecito di rifiuti. In tal senso depone l'operazione “Eco Beach” condotta dai carabinieri il 16 dicembre 2020 che ha consentito di trarre in arresto 16 soggetti, tra cui un pubblico funzionario.