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Capo d'Orlando, titolare discoteca: chiudiamo senza mai avere aperto

«La mia discoteca quest’anno chiude senza avere mai aperto. Come ogni anno, all’inizio di settembre stiamo 'smontandò gli arredi e gli impianti con la differenza rispetto al passato che quest’anno, per la prima volta, chiudiamo la stagione con zero serate e zero euro di incasso». Gianfranco Bottino è il titolare del «Coconut», storica discoteca di Capo d’Orlando che dal '93 è uno dei punti di riferimento della movida estiva non solo per la costa messinese ma per la Sicilia orientale. Il locale, all’aperto e dunque attivo solo in estate, ha una capienza per circa 1.500 persone.

"Proprio per le caratteristiche della discoteca ogni anno sono necessari diversi interventi di manutenzione e di 'arredo' prima dell’apertura - aggiunge Bottino - dall’impianto audio alle luci, dalle attrezzature per il bar alla potatura delle tante piante che abbiamo all’interno, giusto per fare alcuni esempi. Per questo motivo siamo stati 'costretti' a prepararci in anticipo nel caso che il governo, come ha fatto in diverse altre occasioni in passato a proposito delle 'norme Covid’, avesse dato con poco preavviso, magari in piena estate, il via libera all’apertura delle discoteche. Cosa che alla fine, però, non è avvenuta. Così adesso svuotare il locale a fine estate, senza averlo mai aperto, è surreale».

Ma la rabbia del titolare del "Coconut" deriva anche da quella che, a suo parere, è stata una disparità di trattamento tra le diverse attività del settore dell’intrattenimento. «Noi non abbiamo potuto aprire perché la nostra discoteca lavora in base ad una licenza relativa alle 'attività da ballo' - continua - grazie alla quale possiamo anche somministrare bevande. Comprendo le ragioni sanitarie legate al Covid, la salute viene prima di tutto, ma allora non capisco perché chi aveva un altro tipo di licenza, penso ad esempio ai lidi balneari o ai 'chioschi con bar', ha potuto lavorare regolarmente organizzando di fatto serate con musica e ballo».

Il costo sostenuto per la manutenzione e l’arredo del «Coconut», e per la successiva rimozione delle attrezzature, è pari a circa 5.000 euro. «Soldi che ho letteralmente gettato al vento per una stagione che per la mia discoteca non è mai partita. Onestamente mi aspettavo che i tanti politici e rappresentanti del territorio che ogni anno venivano a trascorrere serate nel mio locale facessero qualcosa per chi si è trovato nella mia stessa situazione, così come hanno fatto per altre categorie travolte dalla crisi Covid. Ma di tutti loro, quest’anno, non si è fatto vivo nessuno».

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