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Messina, il Palagiustizia satellite: uffici sul torrente Trapani?

Visto che è confiscato, perchè non si completa il plesso del processo "Oro grigio"?

Il dibattito sul palagiustizia satellite e sui nuovi uffici giudiziari della città, una delle clamorose incompiute, forse la più clamorosa di questa città, prosegue.
E dopo esserci occupati delle novità degli ultimi giorni, con un recente bando dell’amministrazione comunale per ricercare nuovi locali sul territorio, c’è qualcuno che lancia proposte parecchio sensate di edifici cittadini che sarebbero “pronti alla bisogna”.

«In relazione al contenuto del servizio, pubblicato dalla Gazzetta del Sud – scrive il referente del movimento “Nuova presenza - G. La Pira”, Calogero Centofanti –, inerente l’urgente necessità di recuperare spazi da destinare agli uffici della giustizia, oso, sempre che sussistano le condizioni tecnico logistiche, di proporre l’utilizzazione dello stabile di via Gesù Maria in San Leone che ha ospitato reparti operativi dell’Arma territoriali, dal marzo 1958 al settembre 2008. Poiché l’immobile, è sfitto nonostante la rigorosa manutenzione effettuata dalla proprietà, potrebbe rappresentare per la sua collocazione centrale un’occasione per allocare il Giudice di pace o il Giudice del lavoro».

Ma c’è dell’altro, e anche qui forse potrebbe essere molto fattibile la cosa: «Si fa anche presente – prosegue Centofanti –, che sul torrente Trapani alto insiste, da tempo un immobile in costruzione legato a un procedimento giudiziario, che se non gravato da vincoli, da pesi o da ipoteche varie, potrebbe essere assegnato a sede decentrata di uffici giudiziari, disponendo tra l’altro di un grande parcheggio interno e di uno altrettanto grande all’esterno».

Centofanti si riferisce al palazzo confiscato nell’ambito del procedimento penale “Oro grigio”, una delle più grandi speculazioni edilizie degli ultimi anni. E la Cassazione nella sentenza “Oro Grigio” sulle costruzioni abusive a valle del torrente Trapani ha confermato la legittimità della sanzione della confisca con demolizione delle opere, e più volte il Wwf, come parte civile nel procedimento, ha richiesto agli uffici competenti l’acquisizione dell’area al patrimonio del Comune e la demolizione degli scheletri delle costruzioni abusive.

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