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Caso Tari Messina, l’ennesimo gioco d’azzardo del sindaco De Luca

Una promessa elettorale che Cateno De Luca ha mantenuto è quella della trasformazione di Palazzo Zanca in casinò. L’errore, ai tempi della campagna elettorale di tre anni fa, fu semmai dell’opinione pubblica, nel non capire il senso di quella promessa. De Luca è stato coerente, iniziando fin da subito a giocare d’azzardo e su più tavoli. Quanto sta accadendo in queste ore alla roulette del Piano Tari ne è una rappresentazione plastica ed estrema, per più motivi. De Luca ha giocato d’azzardo, puntando sulla gestione dei rifiuti più fiches di quante ne avesse a disposizione, confidando che sulla ruota sarebbe saltato fuori il solito numero vincente, garantito dalla fin qui quasi perenne accondiscendenza del consiglio comunale (almeno nei primi due anni, tranne rarissime eccezioni, sugli atti che contavano non è mai mancata). Ma quando si punta sul rosso e la pallina sulla roulette si ferma sul nero, i conti non tornano, le fiches non bastano più e allora ecco il nuovo azzardo, con l’asticella spostata sempre più in alto: il più classico dei ricatti occupazionali, con tanto di folle aizzate e gogne mediatiche a favore di social, i cui primi risultati si sono già manifestati. La posta in gioco è alta, forse più di quanto la paventata cassa integrazione e i minacciati mancati rinnovi dei contratti lascino intendere, e per questo De Luca ha deciso di giocarsele tutte, le carte a disposizione, anche le più spregiudicate e le meno politicamente corrette (laddove il politicamente corretto, va da sé, non è mai stato in cima ai pensieri del sindaco).
C’è però un dato, di fondo, su cui è necessario riflettere e che prescinde dalle valutazioni di merito: il consiglio comunale si è pronunciato per ben due volte sul Piano Tari e, a ragione o meno, ha preso una decisione. Lo prevede l’istituto democratico che vige oggi nel nostro Paese e, fino a prova contraria, anche nella nostra città. Quanto è rischioso, azzardato, giocare anche su questo fronte, mettendo ancora una volta in discussione, se non proprio sconfessando platealmente, il ruolo di un organo eletto esattamente come è stato eletto il sindaco? Quanto si sta alzando, stavolta, l’asticella? Quanto c’è in palio, mentre la più scottante delle palline continua a girare tra il rosso e il nero della roulette? Lo capiremo solo quando anche il croupier di Palazzo Zanca avrà sancito il suo “rien ne va plus”.

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