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Silvestro: "I detenuti al 41 bis sono trattati in maniera disumana"

La denuncia del responsabile Giustizia di Forza Italia per la Sicilia

«I detenuti ristretti in regime di “41 bis” sono trattati in maniera disumana, male interpretando le restrizioni per la pandemia, in molti casi non sono garantiti i loro diritti civili». È durissimo l’affondo del noto penalista messinese Salvatore Silvestro, che interviene come responsabile del settore Giustizia di Forza Italia per la Sicilia, dopo aver inviato una serie di esposti ai vertici del Dap e a vari organismi giudiziari. «Mi perdonerete se cito quattro casi concreti che ho trattato insieme ad altri colleghi come difensore - prosegue il legale -, ma ritengo che siano un esempio calzante di un fenomeno che ormai, purtroppo, è generalizzato all’intero Paese».
Ed ecco i casi concreti ricostruiti dal penalista:

1. a Parma «mi viene comunicato il ricovero d’urgenza del detenuto, ma a fronte della richiesta sulle ragioni del ricovero e delle patologie, la direzione subordina l’evasione della richiesta all’inoltro di apposita procura speciale sottoscritta dal detenuto con allegata copia della sua carta di identità. Ho denunziato il fatto al ministero della Giustizia e alla competente autorità giudiziaria, ma ad oggi non ho avuto nessun riscontro»;

2. a Parma «dopo l’assoluzione dall’imputazione dal reato di partecipazione al gruppo mafioso “clan Mangialupi” dell’assistito, ho avanzato istanza di revoca anticipata. Dopo avere appreso dal detenuto del rigetto dell’istanza e della mancata consegna dell’atto, ho avanzato richiesta di rilascio copia. Secondo la direzione trattasi di provvedimento la cui motivazione non è ostensibile né al detenuto, né al suo difensore»;

3. a L’Aquila «il soggetto è detenuto perché imputato in appello a Reggio Calabria. Dopo l’ennesimo evento infartuale, ricovero ed intervento non comunicato né al sottoscritto, né ai congiunti, chiedo ed ottengo dalla Corte di appello di Reggio Calabria l’autorizzazione affinché un medico faccia ingresso nella struttura. La direzione non ha permesso l’ingresso del consulente di parte. La corte reggina ha ribadito l’autorizzazione all’ingresso in carcere a condizione che la visita venga video-registrata ed eseguita in presenza di un agente penitenziario per evitare... l’eventuale ricezione o trasmissione di “messaggi”»;

4. a L’Aquila «per un imputato del procedimento “Nebrodi” il tribunale di Patti autorizza la moglie, detenuta agli arresti domiciliari per lo stesso titolo, ad effettuare il colloquio mensile telefonico dai carabinieri di Tortorici. La direzione della casa circondariale non ha mai dato esecuzione all’ordinanza, anzi l’ha interpretata restrittivamente impedendo al detenuto di effettuare colloqui con soggetti diversi dai congiunti conviventi».

Prosegue l’avvocato Silvestro: «Numerosi e frequenti sono poi i casi in cui le varie direzioni non eseguono le ordinanze con le quali i magistrati di Sorveglianza competenti per territorio disapplicano le circolari emesse dal Dap o dai vari direttori. Ciò che si lamenta è il mancato rispetto dei diritti fondamentali della persona, che sempre più spesso si concretizza attraverso la palese violazione dei precetti normativi che regolano la materia e le guarentigie difensive. Il tutto evidentemente alimentato dall’atavico sospetto che accompagna l’esercizio della professione forense di cui le procure e i magistrati che dirigono il Dap, pur dinanzi agli scandali che li hanno interessati e li continuano ad interessare, non riescono a liberarsi».

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