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La deposizione del pentito Biagio Grasso: «Merlino mi disse: non ho ucciso Alfano»

C’è ancora una nuova “verità” tra le nebbie giudiziarie in cui è precipitato da tempo l’omicidio del povero cronista Beppe Alfano, l’ottavo e ultimo giornalista siciliano ammazzato da Cosa nostra nell’isola, per una lista che si aprì nel lontano 1960 con Cosimo Cristina. Se per la giustizia ci sono ormai un mandante e un esecutore condannati in via definitiva, ovvero il boss Giuseppe Gullotti che ha tra l’altro in corso la revisione del processo a Reggio Calabria, e il camionista Antonino Merlino, tra le pieghe della nuova indagine “Alfano ter”, ancora formalmente aperta dalla Dda di Messina, potrebbero esserci clamorose novità.
Che dovrebbero arrivare dalla deposizione che l’altra mattina ha reso in videoconferenza da una località protetta davanti alla corte d’appello di Messina il pentito milazzese Biagio Grasso, al processo per le false testimonianze che avrebbero reso in aula durante il dibattimento di primo grado, nel lontano 1996, proprio per l’omicidio Alfano, Lelio Coppolino e Andrea Barresi. I due testi, che sono assistiti dagli avvocati Pinuccio Calabrò e Tommaso Calderone, a suo tempo rinunciarono alla prescrizione e in primo grado nel 2018 furono condannati a tre anni di reclusione, perché ritenuti colpevoli del reato di falsa testimonianza, insomma un classico tentativo di depistaggio durante un processo-simbolo (Coppolino per l’incontro avuto con il testimone oculare Maurizio Bonaceto, Barresi sugli orari con cui si vide quella sera con Merlino).
Ma adesso siamo in appello. E al primo piano di Palazzo Piacentini l’altra mattina, mentre rispondeva alle domande del legale di parte civile della famiglia Alfano, l’avvocato Fabio Repici, sulle sue frequentazioni con Merlino, Biagio Grasso ha detto una serie di cose di una certa rilevanza: 1) poco tempo prima che Merlino finisse in carcere per la definitivà della condanna a 21 anni per l’omicidio Alfano, gli avrebbe confessato di essere innocente e di conoscere il nome del vero responsabile dell’esecuzione; 2) sollecitato dall’avvocato Repici a fare il nome pronunciato da Merlino, Grasso ha fatto riferimento al killer barcellonese Stefano Genovese; 3) il pentito ha anche affermato che proprio perché il processo Alfano oscillò tra varie fasi transitorie, anche assolutorie per Merlino, in una occasione proprio Merlino lo avrebbe invitato ad una festa per celebrare un’assoluzione, festa a cui comunque lui non partecipò; 4) infine il pentito ha affermato di avere avuto frequentazioni mafiose, anche grazie a Merlino, con i barcellonesi Angelo Porcino e Carmelo D’Amico, con il mazzarroto Carmelo Bisognano e con il novarese Tindaro Calabrese.
Il quadro in cui si muovono queste dichiarazioni di Grasso è abbastanza complesso: ma sono realmente nuove o sono in un verbale che fino ad oggi è rimasto secretato? Saranno acquisite ora dalla Dda? Grasso raccontò già all’inizio del suo pentimento di queste circostanze su Merlino?.
Per l’indagine “Alfano ter”, l’ultima aperta in ordine di tempo, c’è stata già una richiesta di archiviazione del procuratore aggiunto Vito Di Giorgio e accolta dal gip Valeria Curatolo, per quel che riguarda le posizioni di Stefano Genovese e Basilio Condipodero, in passato indicati come il killer e il “basista” dell’omicidio Alfano prima dal boss barcellonese pentito Carmelo D’Amico e poi - ma de relato -, dal fratello, anche lui collaboratore, Francesco D’Amico.

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