Tutti i reati elettorali sono da considerarsi prescritti. E c’è poi il “noto intercettazioni”, ovvero la loro eventuale utilizzabilità in secondo grado alla luce dell’ormai arcinota recente sentenza della Cassazione a sezioni unite, che ne ha fortemente limitato l’utilizzazione, esprimendosi in senso garantista per gli imputati. È ad un bivio giudiziario il maxiprocesso “Matassa”, ovvero le commistioni tra mafia, politica e criminalità organizzata in città con al centro tre campagne elettorali tra il 2012 e il 2013, smantellate da una lunga indagine della polizia nel 2016. Ma che ha rappresentato anche la ricostruzione della nuova geografia dei clan cittadini, con particolare attenzione ai gruppi criminali di Camaro e S. Lucia sopra Contesse.
I punti chiave
La requisitoria dell’accusa, ieri mattina, al processo d’appello, sono stati essenzialmente questi, non certo di poco conto. E li ha esplicitati nel corso di un lungo intervento il sostituto procuratore generale Felice Lima. Che al di là di questi punti specifici, in linea generale ha chiesto ai giudici d’appello la dichiarazione di prescrizione per tutti i reati di corruzione elettorale, la conferma per il resto della sentenza di primo grado, e infine la condanna a 24 anni di reclusione per uno degli imputati, Raimondo Messina, come unica posizione specifica rivisitata, anche in relazione al procedimento “Polena”. Ma c’è il “noto intercettazioni” che pesa e non poco sul processo.
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