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Ainis: "Magistrati, selezione sui meriti e non sui comparaggi"

Il prof. Michele Ainis indica i punti deboli del potere giudiziario travolto dalle chat di Palamara. «Io candidato a sindaco di Messina? Una riflessione che non escludo»

Michele Ainis

«I giudici nella società in cui operano difficilmente possono essere migliori della media dei cittadini», scriveva in un saggio il sociologo Ralf Daherendorf. E forse dobbiamo ripartire da qui per trovare una chiave di lettura in grado spiegare la deriva della Magistratura italiana. La percezione dei giudici si è incarnata nella narrazione di una Giustizia presidiata da cavalieri senza macchia e senza paura. Un’immagine idealizzata che negli ultimi mesi sta precipitando nel pozzo scavato dalle chat di Palamara. «Perché i magistrati non sono né astronauti né marziani», osserva Michele Ainis, giurista e costituzionalista messinese. «Ciascuno di noi è situato nella cultura e nello spirito dei tempi che viviamo. Senza questa cornice la percezione sfugge alla realtà. Piuttosto occorre soffermarsi sulle regole che dovrebbero arginare le degenerazioni».

Quali?

Il ragionamento non può prescindere dai punti deboli che hanno favorito questo processo involutivo. Se hai potere deve rendere conto di come lo eserciti nel solco della responsabilità. Si è imposta un’eccessiva discrezionalità non bilanciata da regole. Così i magistrati invece di applicare il diritto lo creano. E questo anche a causa di una giungla di leggi contraddittorie. Poi c’è il problema della politicizzazione dei magistrati e della necessità di fissare un profilo di imparzialità. Ma quello che sta emergendo è sanabile con una riforma? La storia ci insegna che nuove regole non possono correggere certe distorsioni. Dal 1998 si susseguono interventi di riforma del Csm. Eppure tutto ciò non è servito a frenare il correntismo e il collateralismo dei giudici nel rapporto con la politica. Dobbiamo sforzarci di introdurre meccanismi di selezione più trasparenti, fondati su meriti verificabili.

Per esempio?

Utilizzare il sorteggio per le nomine, attraverso una graduatoria fondata sull’operosità dei magistrati, sull’assenza di provvedimenti disciplinari e sulla resistenza delle sentenze al giudizio di appello. Regole che possono certificare il tuo lavoro. Certo, tutto questo rischia di non bastare, perché poi bisogna fare i conti con i tempi che viviamo. E questo vale a tutti i livelli. Oggi al meritevole si preferisce il “muto agevolato”, felice espressione con la quale Francesco Merlo indicò la categoria dei raccomandati servili.

Pensa che queste riflessioni abbiano convinto la Magistratura a innescare un dibattito autocritico?

Guardi anni fa scoppiò lo scandalo “Concorsopoli” negli atenei. E molti professori universitari si vergognavano, perché avvertivano un’ondata di indignazione che non risparmiava nessuno. Lo stesso sta accadendo per i giudici. Spero e credo che la maggioranza dei magistrati stia vivendo con sofferenza questa fase così convulsa.

Appare fondato l’uso indiscriminato delle chat e delle intercettazioni. Però il problema non si pone quando riguarda il comune indagato.

Occorre trovare un punto di equilibrio che tuteli il diritto alla privacy dei cittadini, introducendo formule di valutazione dell’uso del potere giudiziario. Il governo Conte è caduto sulla giustizia. Vedremo se Draghi riprenderà temi non più rinviabili, come la giustizia civile. Abbiamo in circolazione 35.000 fattispecie di reato. Ciò possiamo commettere un reato senza saperlo. In questi anni ci siamo concentrati sulla dicotomia garantismo-giustizialismo. Ma è una nostra nevrosi, è la Giustizia che così non funziona».

C’è la possibilità che il prof. Ainis possa accogliere le sollecitazioni e candidarsi a sindaco di Messina?

Vedrò gli sviluppi della mia vita professionale, ma è uno scenario sul quale rifletterò».

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