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Messina, De Luca e Consiglio ai ferri corti. E anche con Saitta finisce in tribunale

Da una parte c’è la caciara, dalla quale si dirada una nube che genera “utile” confusione. Dall’altra ci sono i fatti, che in fondo sono meno complicati di quanto si voglia far credere. Fatti anche piuttosto banali, in una normale attività amministrativa. Diventano eccezionali quando di normale, se si parla di Palazzo Zanca e del patologico rapporto tra il sindaco De Luca e il consiglio comunale, c’è poco o nulla.

Il punto della situazione

È stato il bilancio di previsione ad accendere lo scontro all’arma bianca, fatto di frecciate, epiteti ripetuti ossessivamente («asini volanti» o quel «bestie» urlato ieri in diretta dal sindaco, più consono alla sciarra da cortile che a un dialogo istituzionale). È l’atto amministrativo più importante, nell’attività ordinaria di un Comune. La prima bozza risale al 17 dicembre, ma la versione definitiva viene trasmessa al Consiglio circa un mese dopo. Lunedì inizia la discussione in commissione Bilancio e dopo tre sedute approda in consiglio comunale. Il giorno dopo. Alla prima seduta, un paio d’ore di dibattito vengono dedicate ad una serie di chiarimenti chiesti dal sindaco ai revisori dei conti. Quindi i consiglieri comunali applicano una delle loro prerogative principali: presentano degli emendamenti. Sono 13, non centinaia. Precisazione importante, perché non di rado è accaduto, in passato, che per creare ostruzionismo politico nei confronti di una delibera, l’opposizione presentasse centinaia di emendamenti. Accade al Comune, in Parlamento, pure all’Ars, dove lo stesso De Luca, quando era deputato, ha adottato questa strategia. Tredici emendamenti rientrano abbondantemente nella normale liturgia amministrativa. Ogni emendamento necessita di un parere tecnico, da parte del ragioniere generale. Quest’ultimo, come ha rivelato ieri sera De Luca, ha apposto il proprio “sigillo” (contrario) ad alcuni di quegli emendamenti nel giro di un’ora. Non a tutti, pare. In ogni caso i capigruppo, applicando un’altra delle prerogative del Consiglio, hanno deciso di aggiornare la seduta a martedì, per dare più tempo al dirigente. Nulla di particolarmente scabroso. Certo, facile leggere anche un messaggio politico, da parte di un consiglio comunale più volte additato come fin troppo accondiscendente col sindaco. Noi stessi abbiamo scritto di “sindrome di Stoccolma”. C’è chi i messaggi politici li lancia così, c’è chi li urla sui social.

L'attacco a Saitta

De Luca non risparmia dai suoi strali Antonio Saitta, reo di aver lanciato nei suoi confronti alcune frecciate: «Saitta – ha replicato ieri – ha perso le elezioni perché gli elettori sapevano chi è Saitta e cosa rappresenta, il contrario degli interessi della gente. E purtroppo per lui le elezioni non funzionano come i concorsi universitari: è molto difficile indovinare chi sarà il vincitore. E sono anche d’accordo con Antonio Saitta quando scrive che avrebbe governato Messina in modo diverso. Sicuramente diverso dal mio, ma anche da quello di altri esponenti del Pd, in prima linea nella guerra al Covid senza che nessun professorino con la erre moscia li accusasse di voler “strumentalizzare la pandemia”. E se a qualcuno fosse rimasto il dubbio su come avrebbe diversamente governato Saitta, possiamo consigliare un ripasso della sua esperienza di assessore nella Giunta Providenti e di vicesindaco in quella guidata da Francantonio Genovese. Messina sarebbe oggi “emarginata da ogni contesto istituzionale e politico”? Forse vuol dire che non siamo allineati ai potenti di turno a Roma e a Palermo? Non è con i rapporti personali con ministri ed assessori regionali che si fa il bene della città. Tutt’al più, con questi sistemi, si ottiene un incarico di consulente. A proposito, cosa ha ottenuto Messina da quel ministro per il Mezzogiorno a cui Saitta ha strappato l'ennesimo incarico? Nulla!». Saitta non replica: «Ne risponderà alla magistratura».

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