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Messina, la “prima linea” del 118: ecco perché siamo i più esposti

E sulle carenze di disponibilità immediate negli ospedali i medici del primo soccorso confermano: «Abbiamo difficoltà a collocare i pazienti»

Un'ambulanza del 118 che trasporta un paziente affetto da coronavirus

Più volte si sente parlare di “prima linea” nella battaglia contro il Covid. Una prima linea ampia, in cui tanti giocano ruoli diversi.

La “fanteria” probabilmente più esposta è rappresentata da chi, il più delle volte, è chiamato ad intervenire prima degli altri: gli operatori del 118. Uno sforzo, continuo, che beffardamente (e scandalosamente) non era stato, in un primo momento, riconosciuto quando la Regione ha stanziato il “Bonus Covid” per gli operatori della Sanità impegnati nell’emergenza.

Ma loro sono sempre lì, al fronte. Nonostante difficoltà crescenti. «Purtroppo c’è ancora grande confusione – ci spiega Gloria Luzza, che operando spesso in centrale operativa ha il più completo degli osservatori – , abbiamo difficoltà a collocare i pazienti per carenza di posti, con grande disagio sia per noi che, capisco, per i colleghi dei pronto soccorso. In ospedale, ormai, affluiscono prevalentemente i codici rossi, però è difficile collocarli. Diventa un lavoro molto complicato in centrale operativa, come è complicato quello di chi opera in ambulanza, trascorrendo molto tempo accanto al paziente, quindi a rischio contagio. Un paziente che è molto ansioso, ha paura, sa di andare lontano dai familiari».

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