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Droga a Barcellona: si apre il 18 gennaio al bunker l’udienza per la “Dinastia”

Sono in tutto 73 gli imputati, per 22 decisa la videoconferenza

Si aprirà il 18 gennaio prossimo all’aula bunker del carcere di Gazzi, davanti al gup Monia De Francesco, la maxi udienza preliminare per l’operazione “Dinastia”. si tratta dell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Messina, gestita dal procuratore aggiunto Vito Di Giorgio e dai sostituti della Dda Fabrizio Monaco e Francesco Massara sulle cosiddette nuove leve della criminalità organizzata, i “rampolli” delle più note famiglie mafiose di Barcellona Pozzo di Gotto.
L’operazione, basata su quattro diverse ordinanze, fu portata a termine nel febbraio scorso dai carabinieri del Ros e delle Compagnie di Barcellona e Milazzo, con l’esecuzione di 58 misure cautelari. Adesso gli imputati coinvolti sono in tutto 73, e per 22 di loro il gup ha disposto la partecipazione in videoconferenza, visto che si trovano detenuti in varie carceri sparse per l’Italia.

Il quadro dei reati contestati dalla Dda fa riferimento all’associazione a delinquere finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti tra i territori di Barcellona e Milazzo, con estensioni anche alle isole Eolie ed a Terme Vigliatore.

Traffici di droga che sarebbero stati alimentati da calabresi e messinesi, in contatto con l’organizzazione che faceva base a Barcellona e che poi aveva ramificazioni a Milazzo e nei altri territori contigui. Ad un gruppo di indagati, grazie alle rivelazioni dei collaboratori di giustizia, si contestano invece una serie di reati finalizzati alle estorsioni con modalità mafiose, ai danni di aziende commerciali che non hanno mai denunciato la richiesta di pizzo.

Il mercato della droga di Milazzo e Barcellona sarebbe stato suddiviso tra tre diversi gruppi. Il primo di questi faceva capo all’imprenditore Sebastiano Puliafito, di origini barcellonesi che ha sempre vissuto, fino al suo arresto per l’operazione “Nemesi”, a Milazzo. Il secondo legato a Giovanni Fiore, mandante dell’incendio della motonave “Eolo d’Oro”, collegato con il clan catanese dei Laudani. Terzo gruppo invece quello capeggiato dal barcellonese Alessio Alesci, che è poi transitato tra i collaboratori di giustizia, rivelando l’organigramma dello spaccio coi figli dei boss più noti, da Vincenzo Gullotti, figlio di Giuseppe Gullotti, a Nunzio Di Salvo, figlio di Salvatore “Sem”.

E sono state decisive per questa vicenda le rivelazioni dei collaboratori di giustizia Franco Munafò e Alessio Alesci, cognato di Salvatore Ofria, il quale ha parlato di un intervento del clan catanese dei Laudani, indicando Salvuccio Laudani, appositamente giunto a Milazzo con l'intenzione di uccidere Sebastiano Puliafito, all'epoca gestore di una discoteca, che non aveva saldato un debito contratto per l'acquisto di una partita di droga. Alesci ha specificato di avere avuto “contatti” con Salvatore Laudani perché «Giovanni Fiore di Milazzo mi ha detto che si doveva sistemare questa situazione con Bastiano Puliafito, cioè, che gli dovevano dare questi soldi dell’Epic (la nota discoteca di Milazzo di cui la famiglia Puliafito deteneva il 50% mentre l'altra metà era di proprietà della famiglia Di Salvo) ai Di Salvo, che erano i padroni del molo a “Santa Maria Maggiore”, e gli aveva mandato a lui ventiquattromila e rotti euro di assegni postdatati».

Collegati al gruppo dei barcellonesi per l’approvvigionamento dello stupefacente, erano anche Francesco Doddo, e l’ex carabiniere Francesco Anania, oltre all’imprenditore albanese Gjergj Precj.

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