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Messina, i mafiosi percepivano il reddito di cittadinanza. Ecco tutti i nomi degli indagati

I soggetti condannati per reati di tipo mafioso fanno parte, a vario titolo, dei clan di maggiore spicco di Messina e provincia, quali: Santapaola-Romeo, Sparacio, Spartà, Galli, Batanesi-Bontempo Scavo, De Luca, Mangialupi, Camaro, Tortoriciani, Ventura, Ferrante e Cintorino.

Mafiosi, ex boss e i loro familiari cercano di approfittare per raggranellare qualche centinaio di euro attraverso il reddito di cittadinanza. Tentando di bypassare la norma secondo cui il beneficio non spetta a chi è stato condannato, negli ultimi dieci anni, con sentenza in giudicato per reati di mafia. La Guardia di Finanza di Messina ha scoperto 25 persone che percepivano illecitamente il reddito di cittadinanza pur avendo riportato condanne per aver fatto parte di clan mafiosi messinesi e catanesi, o avendo congiunti stretti condannati in via definitiva per mafia. Sono stati sequestrati circa 330 mila euro percepiti dagli indagati che non avevano diritto al beneficio. I decreti di sequestro sono stati siglati dal gip Maria Militello su richiesta del procuratore aggiunto Vito Di Giorgio e il sostituto Anita Siliotti, i due magistrati che hanno gestito l’inchiesta.

I clan

Le fiamme gialle del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Messina in sinergia con l’Inps, hanno scoperto che i condannati fanno parte dei clan di maggiore spicco di Messina e provincia: Santapaola-Romeo, Sparacio, Spartà, Galli, Batanesi, Bontempo Scavo, De Luca, Mangialupi, Camaro, Ventura, Ferrante e Cintorino. Persone condannate per estorsioni, usura, traffico di sostanze stupefacenti, voto di scambio, maltrattamento e organizzazione di competizioni non autorizzate di animali.

Ecco i nomi dei destinatari dei decreti di sequestro

Salvatore Alibrandi, Francesco Bontempo Scavo, Salvatore Calabrò, Fortunata Campanella, Placido Catrimi, Rosario Crupi, Giovanni Curreri, Vittorio De Natale, Marcello Di Bella, Pietro Mazzitello, Giuseppe Minissale, Floriana Rò, Nicola Runci, Vincenzo Santapaola, Salvatore Sparacio, Carla Pamela Brunelli, Giuseppe Caggegi, Vincenza Celona, Luciana Cento, Maria Giannetto, Giuseppa Marino e Caterina Sturiale.
«Un’operazione importante» «È stata un’operazione importante: attraverso analisi incrociate siamo riusciti a scoprire che alcuni pregiudicati per reati di mafia, o loro parenti, percepivano il reddito di cittadinanza. Abbiamo individuato gregari ma anche mafiosi di famiglie del calibro di Romeo, Santapaola, Bontempo Scavo, Minissale, Sparacio», dice il comandante del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza di Messina, il tenente colonnello Emanuele Camerota. «In questo particolare momento - continua Camerota -, abbiamo pensato fosse importante dare un segnale contro i clan mafiosi e con indagini specifiche abbiamo rilevato la truffa messa in atto da questi esponenti di spicco della mafia che, come succede sempre più spesso, cercano di ottenere vantaggi senza grandi sforzi criminali».

Le reazioni politiche

L’operazione messinese arriva tre giorni dopo quella che a Palermo ha sgominato una gang di trafficanti di droga gestita da nigeriani: due di loro percepivano il reddito di cittadinanza. Ma sono decine i casi scoperti in Sicilia sui furbetti del reddito. Clamoroso quello reso noto una settimana fa a Caltagirone dove la GdF ha scoperto che un percettore del reddito ha puntato su scommesse sportive online quasi 130mila euro in cinque anni. Il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri commentando l’operazione messinese dice: «Complimenti a Conte e Di Maio, ai grillini, a Renzi e al Pd che sostengono queste misure. Questo è il governo che finanzia i mafiosi e penalizza famiglie, imprese, artigiani e commercianti bloccati dal virus. Soldi pubblici ai mafiosi, bastonate agli onesti. Basta con questa assurda logica».
«O si riforma in modo serio il reddito di cittadinanza o tanto vale abolirlo. Non è accettabile che ci siano ancora mafiosi e delinquenti che intascano questo sostegno economico statale, a maggior ragione perché, durante questa crisi economica causata dal Covid19, tanti onesti lavoratori, piccoli imprenditori, autonomi e partite iva sono stati completamente dimenticati dal Governo». Lo ha affermato Elvira Savino, deputata di Forza Italia. «Il reddito di cittadinanza - ha continuato la Savino - non ha centrato lo scopo prefissato dai grillini di aiutare le persone ad entrare nel mondo del lavoro. Anzi, come hanno documentato gli studi effettuati della Svimez e dal Fmi, il reddito di cittadinanza ha disincentivato il lavoro e la ricerca di occupazione. Aiutare chi è rimasto indietro è un impegno che Forza Italia ha sempre considerato prioritario, quindi misure di assistenza economica ai bisognosi sono assolutamente necessarie e doverose, ma proprio per questo non si può tollerare che a beneficiarne siano boss mafiosi, così come purtroppo continua ad emergere dai vari controlli, come ad esempio quello effettuato e reso noto oggi dalla Guardia di Finanza di Messina».
«Il reddito di cittadinanza sta diventando una fonte di finanziamento per cosche e clan mafiosi. In un momento di grande difficoltà economica, per tanti è un’ efficace misura di sostegno ma sono ormai troppi i soggetti che lo percepiscono illegittimamente». Chiediamo con forza controlli rigorosi e continui». Lo ha affermato Giangiacomo Palazzolo, responsabile nazionale legalità di Azione e sindaco di Cinisi. «La scoperta da parte delle fiamme gialle di Messina - ha continuato Palazzolo -, di oltre venti appartenenti a famiglie mafiose percettori di reddito di cittadinanza è l’ennesimo campanello di allarme su uno strumento che oltre ad essere talvolta inadeguato si è rivelato oggetto degli appetiti delle organizzazioni mafiose che attraverso la sua indebita riscossione riescono spesso a finanziare la manovalanza criminale». Il responsabile legalità del partito di Calenda sostiene inoltre che «probabilmente sarebbe necessario modificare la legge in senso maggiormente restrittivo nei confronti anche dei semplici indiziati di mafia, in ogni caso sono assolutamente necessari maggiori controlli incrociati tra le banche dati delle forze dell’ordine e dell’Inps. Non è tollerabile che lo Stato finanzi in qualche modo Cosa nostra», ha concluso Palazzolo.

 

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