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Mons. Accolla: "Nell'emergenza riscoperta l'autenticità della nostra fede"

Per tutti l’emergenza vissuta quest’anno è stata un drammatico banco di prova. E lo è stato anche per chi l’ha vissuta da pastore della Chiesa messinese. In attesa del messaggio di Natale alla città, abbiamo voluto sentire l’arcivescovo Giovanni Accolla. Diretto, senza fronzoli, il suo richiamo all’essenziale, quel “fuoco ardente” sul quale soffiare per ravvivare la fiamma della fede.

Il 7 dicembre di 4 anni fa, dopo la nomina del Santo Padre del 20 ottobre, è stato ordinato vescovo nel santuario Madonna delle lacrime di Siracusa, città d’origine e fulcro per 39 anni della sua vocazione, grato al Signore per averla posta «alla guida di una chiesa, quella messinese, ricca e feconda dal punto di vista spirituale e culturale». Quanto è cresciuta, mons. Accolla, la spiritualità della città in questi anni?
«È cresciuta tanto, malgrado i disagi e le difficoltà. Il dramma della pandemia ha fatto emergere tante belle risorse, specchio di una spiritualità incarnata nella carità. È proprio nei momenti critici come quello che stiamo vivendo che si nota l’autenticità di fede di un popolo e i messinesi lo sono».

L’abbiamo conosciuta come sacerdote degli ultimi; la carità è uno degli aspetti a lei più cari perché legato alla lunga esperienza in seno alla Fondazione S. Angela Merici e da vescovo ha scelto di rimanere fedele a questa sua vocazione. A causa della pandemia Messina si è ritrovata ad affrontare un disagio nel disagio: la morte di tanti anziani, la chiusura degli esercizi commerciali, le “nuove povertà” che stanno travolgendo diverse categorie sociali. Cosa può e cosa deve fare la Chiesa?
«Io credo sia necessario cogliere la grandezza di un Dio che si è fatto uomo, condividendo con lui la bellezza di una fraternità divina. Anche noi possiamo rendere divina la vita dei nostri fratelli, se sapremo rimanere umili. Il dramma della pandemia dovrebbe farci cogliere il senso vero della vita, che passa attraverso percorsi di semplicità, umiltà e sobrietà».

Questa emergenza ci ha posto dinanzi una nuova modalità esistenziale, modificando anche le abitudini di fede.
«…o addirittura valorizzandole! La sofferenza diventa un forte richiamo a scoprire percorsi di autenticità; dalle catastrofi si può sempre rinascere. Quella che stiamo vivendo è molto più di una guerra mondiale e se neanche dinanzi a tutto ciò siamo capaci di riacquistare un cuore ricco di umanità, allora sarebbe davvero la fine. Siamo stati costretti a pregare nel chiuso delle nostre case, lontano dalle chiese, riscoprendo la famiglia come cenacolo di fede autentica: anche la spiritualità dunque, può e deve essere vissuta come luogo dal quale attingere e condividere l’amore di Dio».

Questo 2020 è stato un anno funesto non solo a causa della pandemia; ci sono state tante, troppe morti che ci hanno sconvolto. Lorena Quaranta, strangolata dal fidanzato, Viviana e il piccolo Gioele, usciti di casa e mai rientrati, Aurelio Visalli il sottufficiale della Guardia Costiera di Milazzo risucchiato dalle onde nel tentativo di salvare due giovani. Come possiamo mantenerci fedeli al Signore “nonostante tutto”?
«Violenza, smarrimento, paura: dinanzi a tragedie come questa, che sottendono la mancanza di Amore, è impossibile sopravvivere senza un percorso di vera conversione e docilità all’ascolto. Quante volte dinanzi a situazione come queste siamo stati incapaci di ascoltare, comprendere il disagio degli altri? Quella dell’ufficiale Visalli è un’autentica testimonianza di fede incarnata nella quotidianità, nel senso di appartenenza alla comunità civile e religiosa che ci interroga sulla responsabilità personale«.

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