Cosa significa, in termini di misure restrittive, il passaggio da zona arancione a zona gialla lo abbiamo capito un po’ tutti. Anche perché è ciò che più interessa da vicino la quotidianità di ognuno. Ma non è meno importante capire perché abbiamo cambiato colore, in base a quali parametri. E su quali aspetti bisogna essere vigili affinché l’allentamento della cinghia non sia solo un sollievo temporaneo. I documenti di riferimento sono i report settimanali di monitoraggio redatti dalla cabina di regia del ministero della Salute e dell’Istituto superiore della sanità. In quello relativo alla settimana 26 ottobre-1 novembre, quello in base al quale il ministero della Salute decise di assegnare alla Sicilia l’allerta “arancione”, la classificazione complessiva di rischio fu valutata alta, con «molteplici allerte di resilienza». La stima di indice Rt, l’indice di contagio, in quel report era di 1.28, in quello del 25 novembre, relativo alla settimana 16-22 novembre e in base al quale, invece, la colorazione dell’Isola è diventata “gialla”, l’Rt stimato è sceso a 1.04. Di un soffio sopra 1, dunque.
Altra differenza tra i due report: in quello di fine ottobre erano due le allerte segnalate, su due indicatori specifici. Il primo è quello relativo alla percentuale di tamponi positivi, calcolata escludendo «per quanto possibile» le attività di screening e il re-testing degli stessi soggetti. Nella settimana 26 ottobre-1 novembre, questo dato era schizzato al 12,2%, rispetto al 7,9% della settimana precedente. Nell’ultimo report è sceso al 9,5%. Il secondo indicatore, da cui consegue l’allerta segnalata, è quello legato al numero di casi confermati di infezione per cui sia stata effettuata una regolare indagine epidemiologica, con ricerca dei contatti-stretti, in rapporto al totale dei nuovi casi di infezione confermati. L’indicatore che, di fatto, valuta il famoso “tracciamento”, che non a caso viene ancora oggi evidenziato con un’allerta.
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