C’è un processo da rifare, in parte, a Reggio Calabria, per l’operazione Dominio, ovvero la riorganizzazione del clan di Mangialupi, la cui pressione mafiosa su tutto il territorio di Gazzi e Provinciale fu stroncata alla fine del marzo 2017 da un’operazione della Distrettuale antimafia di Messina e della Guardia di Finanza. Ieri infatti la seconda sezione penale della Cassazione s’è occupata di sette imputati che in appello nell’ottobre del 2019 vennero tutti condannati a pene pesanti. Tra loro i due “capi”, ovvero il noto imprenditore dolciario Domenico La Valle, che era titolare di un bar a ridosso dello stadio “Celeste”, e Alfredo Trovato. Il primo era ritenuto il coordinatore delle attività illegali della cosca mafiosa, che affondavano le radici nel settore imprenditoriale. Dell’aspetto operativo, invece, si occupavano i fratelli Trovato.
E proprio per Alfredo Trovato, i giudici, hanno accolto parzialmente l’istanza del suo difensore, l’avvocato Salvatore Silvestro, e hanno annullato la condanna d’appello limitatamente al reato di associazione mafiosa, mentre per i reati legati al traffico di droga la pena diventa adesso definitiva. In Cassazione i sette imputati sono stati assistiti oltre che da Silvestro anche dagli avvocati Antonello Scordo e Tancredi Traclò. Un annullamento parziale, con rinvio per celebrare un nuovo processo a Reggio Calabria, hanno registrato poi Domenico La Valle, Francesco Laganà e Paolo De Domenico. Annullamento parziale anche per Salvatore Trovato (la motivazione è quella di un “precedente giudicato”), e per Davide Romeo e Giovanni Megna. Le loro posizioni per la rimodulazione della pena saranno trattate sempre dalla corte d’appello di Reggio Calabria. In Cassazione sono state trattate posizioni di imputati che a suo tempo hanno scelto due strade processuali diverse, chi con il rito ordinario chi con l’abbreviato.
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