La nostra estate tragica disseminata di corpi senza vita, inghiottiti e dilaniati in quella scarpata piena di sterpi. È un’inchiesta infinita sulla tragedia di Viviana Parisi e suo figlio Gioele ancora lontana, troppo lontana dalla verità. Eppure, in tutto questo irreale stillicidio di verità reali o presunte, c’è un punto di partenza importante.
Sono - riporta la Gazzetta del Sud in edicola - i verbali delle testimonianze acquisite dalla Procura di Patti che pubblichiamo, si tratta delle ricostruzioni effettuate dai due operai speronati dalla Opel Corsa di Viviana poco prima della galleria Pizzo Turda sulla A20, vicino Caronia, ma soprattutto dei due fidanzati che stavano andando in vacanza nel Trapanese. E di rimando, attraverso il ricordo dei due fidanzati, le frasi dei turisti, una famiglia di quattro persone, che si trovarono in quei frangenti sul luogo della scomparsa, quando Viviana imboccò la strada della campagna senza ritorno.
È lei, la ragazza che stava andando nel Trapanese ed era a bordo dell’auto guidata dal fidanzato, quella che ricorda con più nitidezza tutto, anche perché non era impegnata nella guida e poteva distogliere lo sguardo dalla strada, per vedere cosa accadeva.
Ecco cosa dice: «... una volta arrivata all’altezza della vettura ferma (l’auto di Viviana, ndr), io, da dentro la mia macchina, ho visto una donna che scendeva dall’autovettura incidentata, dal lato guida e si girava come se volesse dirigersi o guardare qualcosa che si trovava sul sedile posteriore della vettura».
Poi dice una frase che si presta a molteplici interpretazioni: «... sono sicura di non aver visto alcun bambino insieme alla donna».
A questo punto mentre il fidanzato allertava i soccorsi, la ragazza è entrata in contatto con i turisti, i genitori e due figli, visto che anche loro dopo l’incidente si erano fermati nella piazzola.
E qualcuno ha pure cercato di fermare Viviana Parisi. La ragazza continua a raccontare: «... ricordo che la persona più grande, quella calva e il figlio maschio (il turista e suo figlio, ndr), hanno a loro volta oltrepassato il guardrail ed hanno iniziato a ricercare la donna e il bambino, senza successo».
Ancora il racconto della ragazza su cosa successe: «... dopo poco sono usciti fuori dalla galleria anche i due occupanti il furgoncino, con i quali non ho scambiato alcuna parola. Ricordo che il padre e il figlio hanno cercato in mezzo alla campagna per una decina di minuti. Anche io sono andata verso la parte finale della piazzola, dopo la casetta recintata, per cercare la donna, ma sempre inutilmente».
Inutilmente. Viviana e Gioele sono irrimediabilmente scomparsi, inghiottiti in quella radura piena di sterpaglie e con una fitta rete a maglie di ferro che delimitava un’area molto vasta. L’ultima prigione delle loro vite spezzate.
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