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Vacanze, scuole e baraccopoli: a Messina paura per i nuovi contagi da Coronavirus

C’è chi è stato a Dubrovnik, ai laghi di Plitvice, a Zara e a Spalato, in Croazia. Chi ha preso l’aereo per Olbia e ha trascorso due settimane in Costa Smeralda, a Baja Sardinia, a Porto Cervo e Cannigione. E chi ha approfittato delle offerte a prezzi convenienti nell’isola di Malta, tra Sliema, St. Julian’s, Gzira, La Valletta e Gozo.

Difficile calcolare il numero dei messinesi tornati dalle vacanze in alcuni dei Paesi europei finiti nella “black list”- riporta la Gazzetta del Sud in edicola - a causa dell’alto numero di contagi da coronavirus. Sono, comunque, più di un centinaio e la situazione di questo scorcio finale d’estate assomiglia maledettamente a quell’inizio di marzo, quando l’emergenza Covid a Messina scoppiò per l’arrivo dei vacanzieri dalle località sciistiche più gettonate, compresa quella che è passata alla storia come l’allegra brigata di Madonna di Campiglio.

Non sono i migranti gli “untori”, il virus lo trasmettiamo noi, siciliani e messinesi, quando riteniamo che le precauzioni non siano più necessarie e, volenti o nolenti, non facciamo altro che ingrossare le fila di quell’esercito di “negazionisti” che rischia di causare gravi danni in un momento di estrema delicatezza per tutto il mondo e ovviamente per l’Europa e per l’Italia.

Preoccupazione a Palazzo Zanca: il timore è che si possa o si debba tornare a qualche mese addietro, se non proprio al blocco totale di ogni attività, con più probabilità a ulteriori restrizioni che necessitano di nuove ordinanze da parte del presidente della Regione e del sindaco.

Adesso, però, molti temono che la situazione possa precipitare, dopo il rientro dalle vacanze di chi è stato fuori dall’Isola e con l’approssimarsi della stagione autunnale e della ripresa delle lezioni nelle scuole. Non solo.

Il fronte più monitorato resta anche quello delle baraccopoli messinesi, dove i residenti continuano a vivere nei loro tuguri e basterebbe anche un accenno di focolaio per scatenare una grave emergenza sanitaria e sociale.

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