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Appalti truccati al Cas di Messina, per gli indagati erano un "affare di famiglia"

È il 15 marzo del 2016. L'allora direttore generale del Cas parla con una dipendente, che esprime forti perplessità sull'operato dei funzionari Alfonso Schepisi e Angelo Puccia. La donna sostiene che i due, scelti per rivestire incarichi di rilievo in importanti appalti, sono soliti sfruttare la loro posizione per ottenere l'assunzione di persone vicine da parte delle imprese aggiudicatarie delle commesse.

Il dialogo viene captato dall'organo inquirente, che era impegnato in un'altra indagine. E scattano quindi approfondite verifiche su una serie di lavori sull'A18 Messina-Catania e A20 Messina-Palermo. Sotto la lente finiscono gli interventi di messa in sicurezza delle gallerie “Tindari” e “Capo d'Orlando”, in cui Puccia è Rup, mentre Schepisi direttore dei lavori nonché progettista. Emergono «dati e circostanze - si legge nell'ordinanza firmata dal gip Tiziana Leanza - che consentono di verificare l'assunzione di taluni parenti degli indagati presso la ditta aggiudicataria della commessa».

L'articolo nell'edizione di Messina della Gazzetta del Sud in edicola

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