Tre condanne, di cui una pesantissima, poi due assoluzioni. E il “reggente” di un clan mafioso che deve risarcire i parenti di un boss pentito, che ha cercato di uccidere. C’è questo ed altro nella sentenza che intorno alle 21 di ieri sera il presidente della prima sezione penale del tribunale Letteria Silipigni ha letto in aula per l’operazione “Polena”. Ovvero l’inchiesta della Distrettuale antimafia e dei carabinieri sul racket di estorsioni e usura governato dal clan Spartà nella zona sud di Messina. Che s’è occupata pure del tentato omicidio dei Ferrara, i parenti del boss Iano del Cep, poi pentito.
La condanna più pesante è quella decisa per Raimondo Messina, considerato il “reggente” del clan di S. Lucia, spedito da tempo al “41 bis”, che ha avuto inflitti complessivamente 35 anni di reclusione e 12mila euro di multa. Poi altre due condanne: 4 anni a Concetta Terranova, 2 anni e 2 mesi a Antonio Chillé. E due le assoluzioni, per Letteria Cambria con la formula «per non avere commesso il fatto», e per Angelo Bonasera con la formula «perché il fatto non sussiste».
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