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Messina, De Lucia a commissione antimafia: "Capitali illeciti dall'Est Europa"

Maurizio De Lucia

Un’analisi del territorio messinese ben lungi dall’essere il prodotto di una “città babba”, ma “prigioniero” di organizzazioni mafiose molto penetranti sui due versanti, quello tirrenico-nebroideo e l’altro ionico. E con una "borghesia mafiosa" molto attenta a sfruttare le occasioni che si presentano. L’allarme generato dall’arrivo di capitali “freschi” dall’Est Europa, ci sono già i primi "segnali", con le mafie di quei paesi che vogliono investire nell’industria del turismo e delle attività collegate, soprattutto a Taormina e nelle altre località turistiche della costa ionica, per riciclare grandi quantità di denaro sporco. L’attentato all’ex presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci e tutte le polemiche che ne sono seguite con la relazione conclusiva della Commissione parlamentare regionale dell’Antimafia. Un attentato legato soprattutto all’operazione antimafia del gennaio scorso che ha scoperchiato la “mafia dei pascoli” targata 2.0, quella che ha lucrato "un miliardo e mezzo" di fondi europei per l’agricoltura nel silenzio generale e con la "connivenza" tra mondo della pubblica amministrazione e mafiosi.

E’ durata oltre un’ora ieri sera a Roma l’audizione del procuratore capo di Messina Maurizio de Lucia davanti alla Commissione nazionale antimafia, accompagnato anche dal suo aggiunto Vito Di Giorgio e dal sostituto della Dda Fabrizio Monaco. Un’ora nel corso della quale il magistrato ha fornito un quadro molto attuale dell’emergenza mafiosa pressante a Messina e nella sua provincia, delineando un quadro che è molto differente rispetto a quello che molti sono invece portati ad immaginare: le organizzazioni della provincia di Messina sono molto presenti e in prospettiva possono essere ancora più incisive su un duplice fronte, con le attività “tradizionali” e in relazione all’immissione di capitali freschi e “sporchi” dopo l’emergenza del Coronavirus.

In apertura dell’audizione il procuratore de Lucia ha evidenziato le principali emergenze sulle "3 barra 4 aree criminali" che caratterizzano il territorio: quella Barcellonese sul "modello di Palermo"; quella dei Nebrodi, che sono "un paradiso in terra", un territorio "splendido dal punto di vista paesaggistico e agroalimentare", dove i mafiosi hanno deciso di investire con una "spartizione ragionata", lucrando sui contributi europei per l’agricoltura; quello ionico, incastonato tra Taormina e le altri località turistiche come Letojanni e Giardini Naxos, dove c’è la presenza ultimamente di "nuclei preoccupanti" di criminalità mafiosa, oltre alla tradizionale “invasione” delle famiglie catanesi.

E proprio per quel che riguarda il territorio ionico il procuratore de Lucia ha lanciato ieri sera davanti ai commissari dell’Antimafia nazionale un allarme molto preciso: "Ci sono una serie di capitali che stanno affluendo dall’estero, non si capisce bene da dove vengano, pensiamo ad un tentativo di riciclaggio proveniente dall’Est Europa", ha spiegato riferendosi probabilmente ad alcune indagini in corso. Poi c’è Messina, "con la famiglia dei Romeo legata ai Santapaola", una famiglia addirittura sovraordinata ai gruppi criminali peloritani, che è emersa in tutta la sua pervasività con la fondamentale operazione “Beta”.

E tutto questo non si può affrontare - ha poi detto il procuratore de Lucia ai parlamentari -, con un organico di magistrati e personale giudiziario fortemente sottodimensionato rispetto alle esigenze reali, oppure con problemi gravissimi di edilizia giudiziaria, mai risolti, che Messina sconta da decenni, e che costringono ancora oggi ad avere uffici perfino nel seminterrato del Palazzo di giustizia, lì dove dovrebbero esserci invece solo gli archivi. La prima e più pressante emergenza è costituita - ha detto il magistrato -, dalla recente operazione “Nebrodi” del gennaio scorso, con quasi cento arresti, che quando si trasformerà in procedimento giudiziario, e ormai i tempi sono maturi, richiederà una sforzo organizzativo immenso, allo stato improponibile.
"Il mio auspicio", ha detto il procuratore "è che questo territorio meraviglioso, dalle potenzialità enormi, possa godere di nuove risorse sul piano della risposta giudiziaria".

Poi il magistrato ha risposto alle domande di alcuni commissari, i deputati Piera Aiello (M5S) e Walter Velini (Pd), il senatore Mario Giarrusso (Misto), e dello stesso presidente dell’Antimafia nazionale Nicola Morra. E i tre parlamentari hanno insistito molto sulle polemiche che sono sorte dopo la relazione dell’Antimafia regionale siciliana sull’attentato all’ex presidente del Parco dei Nebrodi Antoci, chiedendo al procuratore de Lucia di fare chiarezza. Il quale dal canto suo, dopo aver spiegato che per indagare sull’agguato sono state messe in campo le migliori forze d’élite del Paese, e che l’archiviazione dell’inchiesta ("oltre 150 pagine") non vuole rappresentare una conclusione dello sforzo investigativo futuro ("io non faccio proclami"), ha tenuto sostanzialmente a separare "l’attività inquirente della magistratura" da quella della Commissione antimafia siciliana, che è essenzialmente "politica", non essendo dotata di poteri d’indagine analoghi a quella nazionale (a questo proposito ha citato una sentenza della Corte Costituzionale del 1993). "Attentato ci fu", ha poi detto in un altro passaggio il magistrato, oppure ha affermato che "altre istituzioni hanno occhiali diversi e non hanno lo stesso grado di conoscenza della magistratura inquirente". E parlando degli investigatori con cui lavora, il magistrato ha affermato che "la qualità dei vertici delle forze dell’ordine in questo momento a Messina è altissima".

Un altro punto toccato nel corso dell’audizione quello delle “scarcerazioni facili” per l’emergenza Coronavirus dei boss mafiosi, che in provincia di Messina "sono state 39", con la permanenza ai domiciliari per il mafioso barcellonese Angelo Porcino - è stata una domanda specifica dell’on. Aiello -, nonostante il parere contrario della Procura antimafia.

E c’è un altro dato da citare, che ha fornito il procuratore aggiunto Vito Di Giorgio rispondendo ad un quesito dei parlamentari sulla recente operazione Nebrodi per le truffe all’Unione Europea in agricoltura: "abbiamo calcolato - ha affermato il procuratore aggiunto -, che si è trattato di un miliardo e mezzo di euro", riferendosi ai fondi incamerati dalla mafia nel Messinese. Una cifra veramente enorme.

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