Era mezzanotte passata ieri quando è arrivata dal tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto la sentenza per i giudizi abbreviati dell’operazione antimafia “Gotha 7”, la maxi inchiesta che nel corso degli ultimi anni ha scritto una pagina nuova sulla geografia mafiosa di cosa nostra barcellonese e dell’hinterland tirrenico di Messina. In questo troncone la sentenza ha riguardato tre imputati, che hanno optato per il rito abbreviato dopo un aggravamento dell'imputazione. L’accusa è stata sostenuta dai sostituti della Dda di Messina Fabrizio Monaco e Francesco Massara. Per l’ex consigliere comunale di Terme Vigliatore Francesco "Carmelo" Salamone c’è da registrare la condanna per i reati di concorso esterno all’associazione mafiosa dei barcellonesi e tentata estorsione con metodo mafioso, la pena finale decisa è di 7 anni e 2 mesi di reclusione (la procura aveva chiesto 11 anni). Per l’imprenditore Salvatore Piccolo la condanna è per associazione mafiosa, tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso e anche per l’intestazione fittizia del “Lido di Venere” della società Stea, la pena decisa è di 10 anni di reclusione, a fronte di una richiesta di 14 anni. Condanna anche per Francesca Cannuli, moglie di Tindaro Carmelo Scordino, accusata di aver portato gli “ordini” di Scordino, quando l’uomo era in carcere, agli altri associati. È stata ritenuta sussistente a suo carico l’accusa di associazione mafiosa, la pena decisa è di 8 anni e 4 mesi di reclusione, più pesante dei sei anni chiesti dalla procura. Un’assoluzione parziale, con formula dubitativa, hanno poi registrato Piccolo e Salamone, per una singola imputazione, che riguardava un caso di violenza privata nei confronti dell’imprenditore Giuseppe Torre. Al centro, in questa puntata dell’inchiesta “Gotha”, c’era soprattutto il racket del pizzo, che s’imponeva con metodi violentissimi, pestaggi e intimidazioni, uno dei punti forti dell’organizzazione barcellonese. Erano circa una trentina gli episodi estorsivi ricostruiti dalle indagini. La contestazione accusatoria si spingeva fino al gennaio 2018. Alcuni degli imputati iniziali del procedimento, sebbene già condannati e sottoposti a misure di sicurezza o sorvegliati speciali, continuavano a gestire i taglieggiamenti. Delle 43 persone indagate nella prima fase per mafia, alcune rispondevano soltanto di concorso esterno all’associazione, i più noti invece risultavano come promotori. E per alcuni si contestava poi solo l’estorsione con le modalità mafiose, in relazione ad episodi che sarebbero avvenuti a Terme Vigliatore. Le estorsioni venivano praticamente estese a tappeto a tutte le attività di Barcellona e dei paesi dell’hinterland: dall’allevamento avicolo alle più note profumerie della città. Pagavano anche i grossisti della frutta.