Doppie file tornate padroni delle carreggiate, il passeggio lungo il viale San Martino, persino alcuni incolonnamenti nelle strade storicamente più trafficate. Il “capodanno della Fase 2” è stato accolto così, dai messinesi, con la convinzione che indossare la mascherina equivalga ad essere muniti di uno scudo dell'invincibilità. In città, rivela Benny Bonaffini di Confesercenti, ha aperto circa il 50 per cento dei bar, confidando nell'effetto del via libera all'asporto, in aggiunta alle consegne a domicilio. Molti locali si sono attrezzati con tavolini posti come barriera all'ingresso, altri hanno consentito l'accesso ai clienti uno alla volta, purché muniti di mascherine. Altre attività commerciali hanno aperto a regime ridotto, mentre sono stati molti i ristoranti che ancora non si sono lanciati nella sfida di riaprire senza poter ospitare clienti ai tavoli. Sui mezzi pubblici è stata confermata la media dei giorni scorsi (circa 2 mila passeggeri) e sono stati pochissimi gli utenti che non hanno rispettato l'obbligo di indossare la mascherina e quindi “respinti”. Si sono tenuti anche i primi funerali “a numero chiuso”, con non più di quindici partecipanti alle celebrazioni ridotte. Tra i commercianti più indispettiti dalla riapertura “a metà”, i tanti fiorai posti nelle vicinanze del Gran Camposanto, i cui cancelli sono rimasti sbarrati, dopo il conflitto interpretativo lungo l'asse Roma-Palermo-Messina. Tanti i cittadini che hanno lasciato le proprie abitazioni con una tuta addosso o inforcando i pedali di una bicicletta, sia in centro che lungo la litoranea. E tanti, forse troppi i messinesi che hanno interpretato la Fase 2 come un pericoloso, prematuro e potenzialmente imperdonabile “liberi tutti”.