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Jessica, medico specializzando messinese in trincea a Milano: "Vado avanti perché è il mio lavoro"

Jessica Palella

Tre anni fa Jessica Palella, ventinovenne messinese, è arrivata a Milano per iniziare la specializzazione in pediatria all'Ospedale San Paolo, con l'entusiasmo di chi si appresta a realizzare un sogno. Oggi, si trova a fare i conti con l'emergenza coronavirus, che la vede come tanti colleghi, schierata a dare una mano in una delle regioni più colpite.

«Lavorando nel reparto di Pediatria - racconta -, posso dire di essere in una posizione privilegiata, perché i bambini rispondono meglio alle cure e riescono a superare la malattia senza complicazioni. Abbiamo dovuto rivoluzionare le attività, prevedendo accessi diversi al pronto soccorso per i casi sospetti, ma dopo i primi tempi in cui c'era un po' di confusione, adesso ce la stiamo cavando bene. Insieme agli altri specializzandi sentivamo di dover fare di più - continua -, così da qualche settimana, abbiamo iniziato a fare dei turni rispondendo al centralino del 118, per parlare con i pazienti e valutare se le loro condizioni sono talmente critiche da richiedere il ricovero».

Un servizio di grande utilità, che però ha anche dei risvolti non facili in termini emotivi. «A chiamare non sono soltanto persone anziane - dice -, ma anche tanti giovani, e sentirli con il fiatone e il respiro corto è qualcosa che colpisce. La parte più difficile è spiegare ai familiari che devono essere mandati da soli, e dire loro di salutarli perché il virus è imprevedibile e non si sa se e quando, potranno rivedersi».

Eppure, in mezzo a tanto dolore ci sono anche dei piccoli spiragli di luce: «Attualmente sto lavorando in Neonatologia - racconta -, e anche se il coronavirus ha finito per stravolgere pure un momento delicato come quello del parto, perché molte donne sono costrette a partorire da sole senza i compagni, è quasi un miracolo vedere che nonostante tutto la vita continua». Non solo, la gente del posto non manca di far sentire giornalmente il proprio sostegno al personale sanitario.

«Ogni giorno arrivano generi alimentari di ogni tipo - dice -, e i nostri bambini hanno realizzato delle magliette con dei messaggi di incoraggiamento, che i genitori hanno appeso fuori dall'ospedale». Piccoli gesti che fanno bene al cuore, anche perché i momenti di sconforto non mancano: «Affrontare tutta questa situazione non è facile, ma cerco di trovare un equilibrio e vado avanti perché è il mio lavoro. Ho deciso di vivere da sola per non contagiare gli altri, infatti ho chiesto alla mia coinquilina di trascorrere la quarantena altrove e al mio ragazzo di non vederci. Penso anche alla mia famiglia che è lontana a Messina, ma finché non sarò sicura di non essere un pericolo per loro, non tornerò".

"Siamo alle prese con qualcosa di sconosciuto, che non abbiamo studiato sui libri, ma sto apprezzando il grande confronto che sta animando noi giovani medici. Sono in contatto con tanti colleghi, con alcuni di loro per renderci utili abbiamo deciso di realizzare un file con le indicazioni dell'Oms per l'autoisolamento e di tradurlo in tante lingue diverse».

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