«Abbiamo perso una figlia pure noi, è una tragedia gigantesca di cui siamo addolorati». Don Calogero Bello, in occasione dell’omelia in suffragio di Lorena Quaranta, legge tutti i messaggi di cordoglio arrivati in queste ore. Fra le tantissime lettere di amici, familiari, conoscenti, sacerdoti, sindaci della provincia, c'è pure quella dei familiari di Antonio De Pace, il fidanzato della studentessa ventisettenne laureanda in medicina, fermato e finito in carcere con l’accusa di averla uccisa strangolandola, al culmine - sembrerebbe - di un litigio i cui contorni restano oscuri. All’esterno, infatti, appariva come una coppia felice. Favara, in occasione del rientro in città della ragazza, amata e apprezzata da chiunque la conoscesse, ha accolto il feretro stendendo un lenzuolo bianco sui balconi dove la gente, affacciata, ha applaudito al passaggio del carro funebre. L’arcidiocesi, su invito del sindaco Anna Alba, della prefettura e degli stessi familiari, ha concesso un piccolo strappo al divieto di cerimonie religiose che è stato imposto per prevenire il contagio da coronavirus. Nessun funerale vero e proprio ma è stata concessa la «liturgia della parola». Una breve funzione religiosa, nella cappella del cimitero, officiata dal parroco dell’Itria don Calogero Bello, alla quale hanno partecipato solo i familiari, il sindaco, che ha donato una corona di alloro alla famiglia Quaranta, e il legale della famiglia Giuseppe Barba. All’esterno del cimitero solo un gruppetto di amici e familiari. Il sacerdote ha letto una lunga lista di messaggi, fra questi quello del sacerdote e del sindaco di Dasà, il paesino in provincia di Vibo Valentia di cui è originario Antonio De Pace: i due giovani si erano conosciuti all’università di Messina dove il ragazzo si era laureato in scienze infermieristiche. Applausi e lacrime per la giovane. Il sindaco di Favara, Anna Alba, ha elogiato la figura della ragazza e sottolineato la «grande compostezza da parte dei familiari».