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Coronavirus e soldi pubblici, da Messina l'allarme di De Lucia: mafia pronta a entrare in gioco

Maurizio De Lucia

Il procuratore capo, Maurizio De Lucia come tutte le mattine è nel suo ufficio. In un Palazzo Piacentini praticamente deserto. C’è quasi un’atmosfera rarefatta in un luogo dove giornalmente, non molto tempo fa, circolavano centinaia di persone. Con lui discutiamo di questa fase emergenziale e del rischio che le mafie, a Messina come in Sicilia, possano inserirsi nel circuito economico statale successivo alla pandemia.

Molti osservatori, e anche suoi colleghi, lanciano l’allarme sulle possibili infiltrazioni mafiose nei prossimi mesi, visto che il flusso di denaro pubblico sarà cospicuo dopo anni di “carestie economiche”. Lei cosa pensa al riguardo? Concorda con i suoi colleghi? Ha una lettura differente?

«La possibilità esiste ed è concreta. Si può dire ciò guardando alla storia delle mafie e alla loro capacità di infiltrarsi nei tessuti economici legali. Non c’è dubbio che la crisi che stiamo vivendo impone allo Stato una straordinaria e necessaria immissione di denaro pubblico nel circuito economico. Bisogna stare molto attenti a come il denaro pubblico verrà distribuito e speso, perché è lì che le mafie tenteranno di entrare in gioco. Penso in particolare agli appalti per opere pubbliche che dovranno ripartire, ma per i quali l’attenzione dovrà essere estrema».

- In questa fase storica così particolare secondo lei le mafie come stanno reagendo, cosa stanno facendo per “vivere”?

«Per il momento direi che sono in attesa. I rilevanti limiti alla circolazione attualmente imposti valgono anche per loro e ne limitano significativamente la libertà di azione. Ma è evidente, perché ce lo insegna la loro storia, che sono in attesa di cogliere tutte le opportunità che la gestione della crisi epidemica offre loro».

L'intervista integrale nell'edizione cartacea di Gazzetta del Sud.

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