Le due ramificazioni mafiose dei tortoriciani sono state “riconosciute”. Così come regge il collegamento strutturale e investigativo “truffe-favoreggiamento dei clan mafiosi”. Tutti i capi, i gregari e i picciotti, tra il gruppo dei Batanesi e quello dei Bontempo Scavo, restano in carcere. Insomma - ricostruisce la Gazzetta del Sud in edicola - il quadro complessivo delle accuse prefigurato nella maxi inchiesta “Nebrodi” sui milioni di euro drenati per anni da Cosa nostra con le truffe agricole all’Ue, è stato confermato dopo il passaggio davanti ai giudici dei Tribunale del riesame di Messina. Che in questi giorni hanno svolto un superlavoro con due collegi distinti, per esaminare i circa 90 ricorsi difensivi presentati dopo il blitz del 15 gennaio scorso. Un’inchiesta coordinata dal procuratore capo di Messina Maurizio De Lucia con l’aggiunto Vito Di Giorgio e i sostituti Fabrizio Monaco e Antonio Carchietti, e condotta dai carabinieri del Ros e dai finanzieri del Gico, che ha portato all’esecuzione di 94 misure cautelari (più 4 misure interdittive) ed al sequestro di ben 151 imprese agricole. Il quadro delineato dall’operazione Nebrodi è quello di una mafia dei pascoli 2.0 che ha drenato negli ultimi anni ben 10 milioni di euro sulla gestione fraudolenta dei contributi comunitari dei terreni agricoli. In perfetto silenzio e con la connivenza di funzionari pubblici e dei Centri agricoli sparsi in quattro province.