Non solo truffe all'Unione europea. L'altro core business del gruppo dei “Batanesi” era il narcotraffico. La mafia a Tortortici, pur evolvendosi, è rimasta «ancorata al passato per i fortissimi vincoli nell'ambito della famiglia e l'operatività abituale nel campo degli stupefacenti», si legge nell'ordinanza firmata dal gip Salvatore Mastroeni. Nell'operazione “Nebrodi” è emerso che «soggetti “storici” risultano non abbandonare tale attività quando vengono scarcerati, pure dopo decenni di detenzione». Un tatuaggio indelebile soprattutto sulla pelle dei Batanesi, che dispongono di maggiori «forze disponibili sul campo rispetto ai Bontempo Scavo e di una rete di rapporti con le altre associazioni mafiose molto più estesa». Questa remunerativa attività era «diretta» da Sebastiano Bontempo, inteso “uappo” e Sebastiano Conti Mica, il “belloccio”, come si evince dai capi d'imputazione dal 4 al 10. Proprio il “belloccio”, scarcerato il 13 novembre 2016 dopo 24 anni di detenzione ininterrotta, «non si presentava ai carabinieri di Tortorici, che dovevano notificargli la sottoposizione alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale da scontare, ma si recava a Messina, al Commissariato Sud, ottenendo in breve il trasferimento». Ciò non «per cambiare vita», ma «per avere possibilità maggiori di rapporti criminosi per fornitura e organizzazione del traffico di droga». Una delle relazioni era con il messinese Michele Arena, un anno fa raggiunto da misura cautelare nell'ambito dell'operazione “Fortino”, sullo spaccio di droga a Valle degli Angeli. A tal proposito, gli investigatori hanno osservato incontri tra i due in alcuni bar della città dello Stretto. Il 9 marzo 2017, Sebastiano Conti Mica e Domenico Coci, hanno incontrato, «all'interno del Policlinico universitario di Messina», un soggetto di elevato spessore criminale e indagato per reati di droga. «Coci tirava fuori dalla tasca del giubbotto un involucro», «collegabile con la droga ricevuta il giorno prima», in modo che si valutasse la qualità. Ritenuti «partecipi e funzionali» all'associazione dei Batanesi per la droga Pasqualino Agostino Ninone e Francesco Protopapa, contattati da Conti Mica e dal genero Coci per concordare un appuntamento a Messina. Incontro tra Protopapa e il “belloccio” che si è tenuto il 20 dicembre 2016 e «apparentemente finalizzato alla consegna di un'autovettura». La sera dell'11 maggio 2017, il “uappo” contatta Coci e gli dice che «è successo un macello», di non sapergli spiegar dove si trova a Messina («Non mi ricordo più, vedo Reggio Calabria di facciata, forse Martino, può essere che è sopra dove si è alluvionato») e di andare e prenderlo. Durante la sua fuga notturna, Bontempo si spinge fino a Catania. La sua scomparsa suscita preoccupazione nei parenti più prossimi. Sebastiano Conti Mica apprende dalla madre che si è sparsa la voce relativa a un arresto del “uappo”. Dagli accertamenti emerge che in effetti il pomeriggio dell'11 maggio il “uappo” si è sottratto a un arresto, nel quale invece sono incappati Pasquale Agostino Ninone e Francesco Protopapa, che erano in sua compagnia. Si trovavano a bordo di una Fiat Bravo, sottoposta all'alt dei carabinieri a Santa Lucia sopra Contesse. Ma il veicolo anziché accostarsi ha speronato la pattuglia e si è lanciato in una folle corsa lungo la Statale 114, interrotta all'altezza del palazzetto comunale di Mili Marina. Arrestati Protopapa e Agostino Ninone, mentre un terzo soggetto è riuscito a dileguarsi. Prima di essere bloccati avevano lanciato dal finestrino uno zaino, contenente oltre 2 kg di marijuana. «È evidente che il soggetto sfuggito alla cattura era Sebastiano Bontempo, classe ‘69, il cui telefono, dalle 13:06 alle 20:22 dello stesso giorno, risultava spento». Ulteriori riscontri sul coinvolgimento di Bontempo vengono alla luce grazie a una microspia installata nell'abitazione del messinese Giuseppe Selvaggio, «inserito a un buon livello del narcotraffico organizzato nella città». La telecamera ha documentato, nel primo pomeriggio dell'11 maggio 2017, l'arrivo nella sua casa di Protopapa, Agostino Ninone, Fortunato Calabrò e una quarta persona, «con ogni probabilità identificabile in Sebastiano Bontempo, tutti giunti a bordo di una Fiat Bravo». Calabrò «restava all'interno dell'abitazione di Selvaggio, mentre gli altri tre venivano notati allontanarsi», portando con sé lo zaino con dentro lo stupefacente. La consegna è stata poi confermata, in sede di interrogatorio, dallo stesso Giuseppe Selvaggio, divenuto nel frattempo collaboratore di giustizia. «La droga non l'hanno pagata, sono scappati. Non era le prima volta che venivano da me», ha fatto mettere a verbale. Per la Dda, le caratteristiche somatiche e l'abbigliamento indossato dal “uappo”, indicati da Selvaggio, coincidono con quelli mostrati «dall'attività di videosorveglianza svolta nell'ambito del presente procedimento» nei pressi di una barberia di Tortorici.