L’accusa principale della distrazione di fondi è stata cancellata con un’assoluzione piena nel merito, mentre le accuse secondarie sono state dichiarate prescritte. Si conlcude così, in appello, il processo per il fallimento della società calcistica FC Messina, quella dei tempi d’oro e del 7° posto in serie A.
In secondo grado erano solo tre le persone coinvolte: i fratelli Pietro e Vincenzo Franza, come presidente e vice della società calcistica all'epoca, e Francesco Cambria, in qualità di presidente del Cda della “Co.fi.mer. Spa” e componente del Cda dell’FC Messina.
La sezione penale della Corte d’appello ha assolto Pietro e Vincenzo Franza dall’imputazione principale, la presunta distrazione di fondi, con la formula "perché il fatto non sussiste". Poi ha riqualificato le ipotesi di bancarotta fraudolenta in bancarotta preferenziale, e quindi ha dichiarato il “non doversi procedere” nei confronti dei Franza e di Cambria anche per gli altri capi d’imputazione contestati, perché estinti per prescrizione.
Il sostituto pg Maurizio Salamone aveva chiesto la nullità della sentenza per uno dei capi d’imputazione, la conferma della condanna di primo grado solo per un capo d’imputazione, con la riduzione della pena a 2 anni per Vincenzo e Pietro Franza, e infine il proscioglimento a vario titolo da tutti gli altri capi d’accusa, anche per Cambria. In primo grado, nel novembre del 2016, erano state invece condanne pesanti: 4 anni e 6 mesi a Vincenzo Franza, 4 anni a Pietro Franza e 3 anni e 6 mesi a Francesco Cambria.
I giudici in pratica hanno accolto le tesi dei difensori, gli avvocati Giorgio Perroni, Alberto Gullino, Isabella Barone e Giovanni Cambria.
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