Mille unità immobiliari, un grande complesso alberghiero e darsene dove rifugiare centinaia di imbarcazioni. Una gestazione complessa, un compendio in cui si sono lanciati famiglie borghesi provenienti da ogni regione d'Italia e piccoli e grandi riciclatori di denaro, mafiosi palermitani, catanesi e del Barcellonese soprattutto. Questo è Portorosa: un villaggio incantevole con un'anima torbida. Carmelo D'Amico, pluriomicida passato tra le file dei collaboratori di giustizia, ha recentemente raccontato che quando teneva lo scettro del comando nel comprensorio, autorizzava tra le darsene del complesso gli sbarchi di droga, anche provenienti dalla Calabria, soprattutto cocaina. A Giovanni Costa, imprenditore di Villabate condannato per riciclaggio aggravato - agevolò cosa nostra con operazioni milionari, stabilì la magistratura - a un certo punto vennero sequestrate 27 unità immobiliari. Numerose altre ne sono state confiscate a personaggi legati ai clan. «Quando dal prefetto Postiglione», racconta l'ex sindaco di Furnari, Mario Foti, «ricevetti ad Aci Castello le chiavi degli appartamenti, fu un momento di straordinario ripristino della legalità. Peccato», ricorda, «che quando provammo ad aprire le case, quelle chiavi non funzionavano». Si narra che a Portorosa abbiano, nell'ultimo ventennio, trovato rifugio latitanti di ogni risma, soprattutto affiliati al clan Santapaola (Nitto preferì Marchesana di Terme Vigliatore come nascondiglio): ingresso controllato, viali tortuosi, difficile immaginare che l'offensiva delle forze dell'ordine potesse giungere dal mare. Periodicamente il sequestro di un bar, un ristorante o di una discoteca, attività non di rado gestite dalle seconde e terze file della mala. Ecco quale “buen retiro” ha scelto Carlos Luis Malatto: tutt'intorno gente storicamente abituata al silenzio. A non vedere e non sentire.