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False fatture, truffa da 25 milioni a Barcellona: arrestato imprenditore-consigliere

L'imprenditore Salvatore Imbesi

Una truffa milionaria con l'obiettivo di evadere le tasse ottenere finanziamenti pubblici. Questa l'accusa nei confronti di Salvatore Imbesi, imprenditore di Barcellona Pozzo di Gotto, dove è anche consigliere comunale e in passato assessore al Bilancio.

Imbesi - come anticipato dalla Gazzetta del Sud oggi in edicola - è stato arrestato da parte della guardia di finanza di Messina, nell'ambito di un'indagine diretta dal procuratore capo di Barcellona, Emanuele Crescenti, e coordinata dal sostituto Rita Barbieri.

Sequestrate anche quote societarie per un valore di circa 10 milioni di euro, e poi conti correnti, disponibilità finanziarie e immobiliari riconducibili alla società coinvolta nella frode e ad altre tre persone indagate.

I reati ipotizzati sono truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, riciclaggio, emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.

Le indagini hanno permesso di scoprire un complesso sistema di false fatturazioni che veniva portato avanti, secondo gli investigatori, principalmente attraverso due società di Barcellona, una operante nel settore agrumario e l’altra in quello edile.

Entrambe le aziende sarebbero riconducili allo stesso Imbesi. Lo scopo sarebbe stato sia l’evasione delle imposte che l’ottenimento, indebito, di un finanziamento da parte dell'Ue per un importo complessivo di circa 5 milioni.

Gli accertamenti svolti dalla finanza hanno consentito di verificare che le due società, per percepire il contributo comunitario, avrebbero documentato una serie di rapporti commerciali utilizzando fatture per operazioni inesistenti e fornito una falsa rappresentazione degli investimenti riguardanti l’ampliamento e l’ammodernamento di un impianto di trasformazione degli agrumi.

Inoltre sarebbe stata simulata una serie di rapporti commerciali fittizi riguardanti la compravendita di agrumi, documentati attraverso l’emissione e l’utilizzo di fatture relative ad operazioni inesistenti.

Le indagini finanziarie svolte sui conti correnti bancari degli indagati e delle società coinvolte hanno consentito, tra l’altro, di accertare l’ipotesi del reato di riciclaggio sul figlio dell'imprenditore, socio unico di una delle società coinvolte.

"L’operazione di servizio - si legge in una nota delle fiamme gialle di Messina - conferma il costante impegno della guardia di finanza quale organo di polizia economico-finanziaria a tutela della spesa pubblica nazionale ed europea e del bilancio nazionale, nonché l’impegno nello svolgimento di investigazioni in maniera trasversale e contestuale nei diversi settori di competenza istituzionale".

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