«Le chiederei di analizzare un po’ più nel dettaglio, questa posizione processuale». È iniziata così ieri l’udienza del processo Beta. Ovvero quando il sostituto della Dda Liliana Todaro ha chiesto all’imprenditore pentito Biagio Grasso di riprendere da doveva aveva interrotto il 30 novembre scorso: la figura dell’avvocato Andrea Lo Castro, incastrata nel contesto del processo con le figure di Vincenzo Romeo e degli altri. Grasso, rispondendo, ha detto tra l’altro che «i rapporti, quelli che ho potuto constatare io, iniziano nel 2011, anche se sia Lo Castro sia Romeo Vincenzo si conoscevano precedentemente a questa data, per rapporti loro personali». E che i due si conoscessero ben prima del 2011 Grasso ieri ha dichiarato di averlo appreso da entrambi. Lo Castro avrebbe poi confermato a Grasso di sapere che «... Enzo Romeo era figlio di Francesco Romeo nonché cognato di Nitto Santapola, e quindi persona di riferimento a quel gruppo». Un’altra domanda del pm: «Lei fino a quando ha proseguito l’attività imprenditoriale con Romeo e Lo Castro?» Risposta: «Fino a quando poi i rapporti con Romeo si sono un po’ deteriorati, e soprattutto con Lo Castro, quando assunse l’incarico, in maniera diciamo un po’ borderline, della Di Stefano Costruzioni, che era in netto contrasto con la XP Immobiliare, che era la società mia, per quanto riguarda l’operazione dei 64 alloggi di villaggio Aldisio». Ma solo con lui, perché «i rapporti con Romeo continuarono». Il periodo in cui ruppe il rapporto? «Fine 2014, inizi 2015». Secondo quanto ha poi riferito ieri Grasso, l’avvocato Lo Castro in più occasioni per conto dei Romeo propose il rimedio delle «false fatturazioni» per aggirare i problemi che si erano via via proposti, e avrebbe ideato anche frodi fiscali. Altra domanda del pm: «Ci sono stati episodi in cui è stato invece l’avvocato Lo Castro a rivolgersi ai Romeo per risolvere qualche sua problematica?» Risposta: «Sì, una in particolare... è stato con un imprenditore di Catania, di cui non ricordo il nome, che si è precipitato nel suo studio, minacciandolo in maniera violenta, diciamo anche di percosse, in quanto a detta di questo imprenditore gli aveva fatto perdere una causa al tribunale di Catania, perché non l’aveva seguita bene».