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Mafia a Messina, le rivelazioni del pentito Grasso: "Lo Castro nostro legale a 360 gradi"

Nella sua seconda lunga deposizione al processo Beta sulla “cupola” mafiosa a Messina, dopo quella del 30 novembre scorso, ieri l’imprenditore pentito Biagio Grasso ha continuato il suo lungo racconto sull’impasto tra i mafiosi del gruppo Romeo-Santapaola, funzionari, affaristi e imprenditori, con la copertura pseudogiudiziaria dell’avvocato Andrea Lo Castro («era il nostro legale a 360 gradi»), che poi è lo scenario principale del processo.

Erano quasi le cinque del pomeriggio quando è finita l’udienza. E l’elenco del groviglio di operazioni immobiliari, alcune non andate in porto, che l’imprenditore ha ricostruito con una grande lucidità nonostante il tempo trascorso, è stato parecchio lungo, sul canovaccio delle domande che a turno gli hanno posto i sostituti della Dda Liliana Todaro e Fabrizio Monaco.

E chi “governava” tutto questo “mondo di mezzo” messinese delineato da Grasso? Secondo il pentito erano in quattro: «... Andrea Lo Castro e per questo ho detto si era formato un direttorio, diciamo che le strategie su come muoverci, indipendentemente da quello che potevano essere le indicazioni legali, le faceva insieme a me, a Carlo Borella, e a Vincenzo Romeo».

Grasso, che nel 2010 quando spostò i suoi affari a Messina da Barcellona e dalle nostre parti veniva presentato come «... socio di Vincenzo Romeo persona di fiducia già vicina al clan di Pippo Gullotti», tra il 30 novembre e ieri ha riproposto per esempio le storie delle società Carmel, Seggi, Edil Raciti, XP, Else Spa, Demoter, Cubo, B.G. Costruzioni, Brick e Solea. Oppure della «... “Matura” sì, è una fiduciaria di Carlo Borella, con sede in Lussemburgo gestita da un ufficio a Lugano, dove io ci sono stato e... dove lui controllava alcune quote della Demoter e aveva tutta una serie di... diciamo di accordi parasociali e di scritture private con altri imprenditori, fra cui Nino Giordano».

Oppure della società «... Calos Srl, dove Lo Castro sapeva al 100 per cento che nell’operazione c’era direttamente Vincenzo Ercolano che era... fittiziamente rappresentato da tale Petralia Antonio di Paternò, in questa società». E ha anche parlato di alcune conoscenze “di peso” acquisite nel tempo: «... direttamente Vincenzo Ercolano, Roberto Vacante, il figlio di Nitto Santapaola diretto, Francesco Santapaola, in virtù di un’estorsione o un recupero somme ai danni dell’architetto La Spina in riferimento ad un vecchio affare che La Spina aveva fatto con i capi storici del clan Santapaola negli anni ’80 e di cui ho riferito...». Ha riferito di «... Michele Spina comunque personaggio noto anche alla criminalità, perché Michele Spina per chiarire è il nipote di Sebastiano Scuto nonché proprietario dell’ex gruppo Alis e nonché soggetto vicino al clan Laudani, cosa confermata anche da Vincenzo Romeo successivamente». Ancora ha affermato che «... Vincenzo Romeo procurò circa 3 milioni e mezzo di euro in contanti a Michele Spina raccogliendolo tra investimenti che ha fatto lui personalmente e gli investimenti che hanno fatto famiglie, a detta di Vincenzo Romeo e poi confermato anche da Spina, importanti della Sacra Corona Unita e diciamo di... e di altri clan criminali calabresi».

Si riprende il 21. Ma c’è pendente una richiesta di ricusazione presentata dai difensori nei confronti di uno dei giudici, Letteria Silipigni.

 

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